Da Bologna a Ravenna via al “Po River Blue Fest”: talk, trekking, teatro e tanto altro per spiegare il clima che cambia

Ravenna
  • 14 aprile 2025

RAVENNA. Due giorni di festival “fuori dagli schemi” per sensibilizzare sul cambiamento climatico, il 16 maggio a Bologna (in diversi sedi, da Filla della Montagnola al Museo del patrimonio industriale) e il 17 maggio a Ravenna (dalla pineta San Vitale all’Almagià in Darsena). Tra talk, trekking urbani, visite guidate, proiezioni di documentari, eventi teatrali, performance e non solo, si proverà dunque quindi a raccontare l’emergenza in modo diverso da solito. Si tratta della prima edizione del ‘Po River Blue Fest’ in scia al progetto pluriennale Life Climax Po, che si poggia su un budget complessivo di quasi 20 milioni di euro, cofinanziato dalla Commissione europea per oltre 10 e per il resto da risorse degli enti coinvolti. Come partner, la lista recita Autorità di Bacino Distrettuale Fiume Po, Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale, Fondazione Iu Rusconi Ghigi, Legambiente, Museo del Patrimonio Industriale, Parco del Delta del Po, Regione Emilia-Romagna, Rete Almagià, Teatro del Drago, Università di Bologna. Se ne parla oggi a Bologna, nel complesso di San Giovanni in Monte insieme con gli assessori comunali Daniele Ara e Igor Gallonetto, ed evidenzia Silvana Di Sabatino dell’alma Mater, coordinatrice della compagine Unibo nell’ambito di Climax Po: «Guardiamo all’evoluzione di fenomeni come piogge intense e ondate di calore, che si stanno intensificando. La pianura alluvionale del Po attraversata da diversi fiumi, per la sua conformazione, registra una pericolosità media superiore di tre volte a quella nazionale. C’è anche un contributo da parte della costa, visto che uno degli aspetti del cambiamento climatico è l’aumento del vento, con diverse correnti che interagiscono tra loro contribuendo a generare nel territorio piogge più intense. Quindi, l’Emilia-Romagna si caratterizza per fenomeni intensi, quando piove».

Bisogna essere quindi sempre più pronti ad azioni scientifiche interdisciplinari di fronte a tutto questo: «Serve un’evidenza scientifica plurale, per questo sono coinvolti diversi dipartimenti universitari nel progetto, da Fisica e Astronomia ad Architettura, Ingegneria, Sociologia e Diritto dell’ambiente, in ottica moderna e più vicina ai cittadini, che comunque stanno diventando più attenti a questi temi».

Nel Bolognese, come si è visto nell’ultima alluvione dello scorso ottobre, «incide- continua Di Sabatino- il ruolo di torrenti trascurati nel tempo, come il Ravone: si è molto ingrossato, e questo è un aspetto che non era stato monitorato con molta attenzione. Proprio la parola Ravone deriva da ‘impetuoso’, anche nell’antichità si sapeva che era un torrente un po’ capriccioso. Dobbiamo quindi guardare a tutti questi rivoli che arrivano dall’Appennino, e che influenzano Bologna, con più attenzione, per capire meglio la capacità di risposta della nostra rete idraulica ad eventi estremi. Nel passato questo conteggio non si poteva fare. Oggi invece sì, con gli strumenti e i modelli di oggi nei nostri dipartimenti universitari». Francesco Tornatore, dirigente dell’Autorità di bacino del fiume Po e coordinatore del progetto Life Climax Po, rimarca in ogni caso che «bisogna comunque aumentare l’attenzione generale e, con eventi come il Po River Blue Fest, puntiamo a farlo anche attraverso mostre e spettacoli, insieme ai nostri 25 partner come Regioni, università e associazioni come Legambiente».

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