Cinque aggressioni in una settimana, i capitreno: «Viviamo con l’ansia»
- 11 novembre 2024
“Biglietti prego”: quante volte chi viaggia in treno ha sentito questa frase, pronunciata dal capotreno. Così ha fatto anche Rosario Ventura, il 44enne aggredito e accoltellato nei giorni scorsi sul treno a Rivarolo, nel Genovese. Poteva restare ucciso e come lui sono tanti i capitreno a rischio aggressione , ma anche personale ferroviario nelle stazioni e agenti delle forze dell’ordine. Il caso eclatante ha fatto esplodere un problema serio, ma nemmeno tanto emergente, in quanto è ormai da tempo sotto gli occhi di chi viaggia ciò che può accadere sui treni, sugli autobus o nelle metropolitane: reazioni di sbandati, balordi, a volte di veri delinquenti senza nulla da perdere che mettono a repentaglio l’incolumità sia fisica che psicologica di chi sta lavorando, ha famiglia, figli, e che al termine del servizio vorrebbe ritrovare ad attenderli. Insomma pare un’impresa ogni giorno perfino arrivarci al termine del servizio dopo invettive, sputi presi e discussioni accese. Per ogni capotreno ogni giorno è un’incognita di quanto può succedere specie sulle tratte regionali.
Episodi numerosi
In Emilia Romagna nel territorio della Divisione trasporto locale di Bologna «in una settimana, poco più, ce ne sono state cinque di aggressioni - afferma un capotreno che vuole restare anonimo - ma sono molte di più, magari solo verbali o risolte incassando vessazioni di ogni genere, perché a denunciare spesso si entra in un circolo più vizioso che virtuoso, perché ad ogni episodio sono indagini e inchieste interne, verbali, perfino giustificazioni, dove chi subisce sembra il primo a non essersi comportato adeguatamente. Poi ti devi trovare un avvocato, perché tali malviventi ce l’hanno e quando ti chiamano ti fanno domande del tipo: ma ce l’avevi il cappello in testa? Si rischiano controquerele e i carnefici possono passare per vittime. E noi si vive male, con l’ansia addosso, il groppo allo stomaco e il fegato grosso».
Risposte per ora insufficienti
Dall’accoltellamento di Rivarolo ne è scaturito uno sciopero di 8 ore. Secondo i sindacati «la questione non è più tollerabile e va risolta – afferma Riccardo Mussoni, riminese, ex capotreno, responsabile nazionale della Uil Trasporti a Roma – nei prossimi giorni (18 novembre) siamo convocati ad un tavolo al Ministero dei trasporti. Sui treni si trova gente di ogni tipo e quando si chiedono i biglietti, chi non ce l’ha può andare in escandescenza, creare disordini e violenze. Le soluzioni stanno in poco posto. Chiediamo di individuare i treni e le tratte a rischio e farli presidiare dalle forze dell’ordine. I provvedimenti finora presi (daspo, protezione aziendale, squadre antievasione, corsi di formazione e psicologi di supporto per il personale) non sono sufficienti».
Cosa è cambiato
Ma come si è arrivati a questo punto? «Riduzione di personale sui treni, desertificazione delle linee e delle stazioni (senza nessuno che le controlla, aperte a chiunque), soppressione di diversi presidì Polfer». In realtà «siamo soli, unica autorità in treni con centinaia di persone a cui garantire sicurezza – spiega ancora il capotreno anonimo -. E tra queste anche coloro senza scrupoli, i malintenzionati, gli aggressivi, coloro che per spostarsi non hanno altro mezzo e sono privi anche di denaro, disperati potenzialmente pericolosi. Tempo fa non era così: i controlli si facevano anche in due o tre agenti ed era già un deterrente. La figura del Capotreno godeva di rispetto e autorità, fungeva anche da filtro per smorzare gli animi: chi era in difetto si portava dal Capotreno, che aveva un potere riconosciuto ed era autorizzato a prendere in proprio decisioni importanti. Mi ricordo che sono stati fermati treni per fare rispettare le leggi: a Firenze una volta arrivò un intero reparto della Celere che in due e due quattro svuotò un treno a cuccette di passeggeri abusivi che non lo potevano prendere, adesso ti fanno assistere dagli psicologi e se sei in difficoltà ti suggeriscono di praticare la respirazione Zen».