Alluvione, i geologi: «Ci vorranno almeno 10 anni per rendere sicura la Romagna»

Ravenna

«Rimettere in sicurezza la Romagna dal pericolo alluvioni? Ci vorranno almeno una decina di anni. E questo sempre che si parta da subito a lavorare e che ci siano i soldi per finanziare tutte le opere».

Il realismo di Paride Antolini, presidente dell’ordine dei geologi dell’Emilia Romagna, è qualcosa che in giorni come questi mette i brividi. Una previsione che conferma i peggiori presagi di chi da un anno e mezzo vive una continua precarietà intervallata da precipitazioni monsoniche e lunghi periodi di siccità, effetti di un clima che - per dirla come il meteorologo Pierluigi Randi - hanno trasformato la Romagna di oggi nel Salento degli anni novanta.

Antolini, tanto per essere chiari, con la fragilità del territorio che abbiamo il timore - andando verso l’autunno - è quello di trovarsi ogni due settimane in situazioni da allerta rossa

«Purtroppo quando assistiamo a cumuli di pioggia come quelli recenti, si vanno a colpire le situazioni più critiche come quelle di Traversara, ad esempio. Leggo molti commenti avventati sui social a riguardo, ma dovremmo capire in che fase di ricostruzione ci troviamo».

In quale fase ci troviamo?

«Immaginiamo di avere a che fare con una casa colpita da un terremoto. Ecco, noi ora siamo impegnati semplicemente a ristrutturare quella casa, quando in realtà, per evitare che la casa crolli alla prossima scossa, avremmo bisogno di rifare le fondamenta con criteri anti sismici. E per fare tutto ciò abbiamo però bisogno di sbloccare i piani speciali che sono fermi da troppo tempo a Roma».

Quali sarebbero i primi lavori da fare per ricreare condizioni di sicurezza accettabili?

«Premetto che il rischio zero non esiste. Ma le opere necessarie variano in base alle diverse situazioni. Se avessimo la copertura finanziaria la prima cosa da fare sarebbe spostare gli argini, allargarli, e trasformare gli attuali canali in veri e propri fiumi. Ma è chiaro che per fare tutto questo bisogna mettersi nell’ordine delle idee di spostare in alcuni luoghi anche le abitazioni, gli insediamenti produttivi. E non sarà facile. Poi - come credo sia già stato deciso - sarà necessario abbattere alcuni ponti e rifare alcuni argini, in alcune zone paratie e fare casse di espansione e bacini di laminazione.

Può spiegarci la differenza tra casse e aree?

«Per dirla brevemente le casse di espansione sono spazi che si trovano nei pressi degli argini e che si riempiono naturalmente in caso di piena o alluvioni. I bacini di laminazione sono opere in calcestruzzo che vanno appositamente creati e nei quali le acque vanno portate».

Quante opere del genere andrebbero costruite in tutta la Romagna?

«In questo momento non ho gli elementi per dare una risposta, ma credo che tutto ciò sia al centro del piano che la struttura del Commissario Figliuolo dovrebbe licenziare al più presto»

Intanto però rischiamo altre situazioni come Traversara?

«Su Traversara, però, dobbiamo fare dei ragionamenti intellettualmente onesti. In questi giorni si stava ricostruendo un argine e non c’è stato il tempo di ultimarlo».

E su come si è costruito in passato? Pensa che ci siano stati errori ?

«Anche su questo ho sentito critiche che rivelano una totale ignoranza sulla storia di questo territorio»

A cosa si riferisce?

«Quando sento dire che Traversara non doveva essere così vicina all’argine vorrei rispondere che Traversara è un insediamento degli antichi romani e se a quei tempi avessero avuto cumulate di pioggia da 300 millimetri, Traversara l’avrebbero fatta altrove. Il problema è che il clima è cambiato radicalmente negli ultimi venti anni. Servono opere immediate e un nuovo approccio al problema, ma il clima da campagna elettorale perenne non aiuta».

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