Tensione alle stelle, clima elettrico e nervi a fior di pelle: alla fine quella che doveva essere l'assemblea di Alleanza delle Cooperativa di pesca dell’Emilia-Romagna, convocata per illustrare quanto ottenuto lunedì scorso a Roma al Mipaaf col sottosegretario Francesco Battistoni, si è risolta con un nulla di fatto. Non si sa quando le marinerie locali torneranno in mare.
Pescatori da mezza Italia
C’è stato un confronto gladiatorio quando nella sala convegni del palazzo del turismo dove l'assemblea era stata indetta, super blindata dalle forze dell'ordine e dalla Digos, hanno preso il sopravvento pescatori e armatori organizzati arrivati in forze da fuori regione. Almeno un centinaio a chiedere e a “invitare” i colleghi emiliano-romagnoli di far sciopero a oltranza per mettere in ginocchio l'intera filiera ittica. In assemblea si dovevano riunire le marinerie e le cooperative della Regione da Cattolica a Goro. Con l’invito esteso alle marinerie del Veneto come quella di Chioggia e della Toscana, presenti con Livorno e Viareggio. La giornata di ieri, si era aperta in mattinata fuori dal porto di Ravenna, con i pescherecci di Goro, Porto Garibaldi e Cesenatico, a protestare contro il caro gasolio arrivato a costa da 0,50 di inizio anno a più di un 1,10 di oggi, che finisce per far lievitare all'eccesso le spese fino a strangolare le imprese di pesca.
Le “concessioni” del ministero
A Cesenatico la sala era gremita - quando si è deciso - di aprire la partecipazione a tutti - ma anche blindata in fatto di sicurezza. Massimo Bellavista, coordinatore di Alleanza Cooperative Emilia-Romagna, che raggruppa, Lega Pesca, Federcopesca, Agci, ha preso la parola e con la proiezione di slide ha illustrato quanto fin qui ottenuto nel confronto al Ministero a inizio settimana riconducibile al decreto attuativo, ai 20 milioni di contributi quali ristori da erogare alle imprese, a un credito d'imposta del 20 per cento sugli acquisti di gasolio fatti dai pescherecci nel primo trimestre 2022 per lo strascico e la volante. Con estensione anche al secondo trimestre con il decreto legge Energia e aiuti alle imprese (che stanzia in via generale 14 miliardi). Oltre l'istituzione di un tavolo di crisi e l'attivazione della cassa integrazione pesca Ccisoa, attualmente inutilizzabile nonostante le imprese versino il contributo da febbraio 2022.
I “duri e puri”
Bellavista è stato subito interrotto e incalzato da quanti giunti a Cesenatico chiedevano prima di tutto di ritornare a pagare il carburante per portare in mare le barche al prezzo di prima e come tale “imporre” la serrata della pesca prolungandola a oltranza. Saltati gli schemi, il confronto teso e spigoloso si è sviluppato in sala con quanti chiedevano di bloccare la pesca in tutta Italia. Un pescatore marchigiano dei tanti che hanno preso la parola ha esordito “rassicurando”: «noi non siamo qui per minacciare nessuno. Portiamo la voce di chi da cinque giorni non dorme e gira l'Italia per convincere i pescatori a fermarsi». Da un pescatore toscano la proposta di chiedere al Governo che il credito d'imposta venga alzato al 40 per cento. Francesco Caldaroni leader delle “Marinerie d'Italia” e assessore uscente di Fratelli d'Italia a Civitanova Marche piccona: «Solo rimanendo tutti a terra potremo avere riconosciute le nostre richieste. Quanto ci dà il governo non è nulla per le nostre imprese. Uniti siamo una potenza. Se si ferma la pesca si ferma la filiera. Solo in Sardegna e Sicilia continuano a pescare perché sono regioni speciali». E si fa appello a Emilia-Romagna e Veneto a rimanere fermi.
Chi vuole andare in mare
Ma il fronte dei duri e puri pare sgretolarsi. La forte marineria di Chioggia si riunisce oggi. Da Rimini a Cesenatico a Porto Garibaldi si profilano segnali per tornare in mare. Antonio Gottardo di Lega Coop Veneto dice no alla sospensione ad oltranza e richiama a fare proposte concrete da proporre al ministero senza pensare a campagne elettorali. Il 40 per cento di credito d'imposta ad esempio. In sintonia Patrizia Massetti di Agci Pesca Emilia-Romagna.