Milano Marittima, dito amputato in disco. Chiesta condanna per l'ex amministratore del Pineta

«Negligenza e imprudenza incontrovertibili», tali da chiedere la condanna a 5 mesi per l’ex amministratore del Pineta. Per l’accusa sono molteplici le mancanze della storica discoteca di Milano Marittima per l’incidente che il 15 aprile del 2017 costò un dito a una studentessa di Predappio, all’epoca 22enne. Quella notte, scendendo dal cubo sul quale stava ballando, la giovane rimase incastrata con il mignolo nella griglia di metallo, un semplice elemento d’arredo installato in varie aree del locale che agì come una ghigliottina.

L’accusa

«La cosa grave è che nessuno fece nulla, a partire dall’utilizzo del kit di pronto soccorso», ha rimarcato ieri il sostituto procuratore Marilù Gattelli nel corso della requisitoria rinvigorendo l’accusa di lesioni colpose aggravate. Parola anche di alcuni carabinieri sentiti durante l’istruttoria, la cui ricostruzione dei fatti ha portato l’accusa a rincarare la dose, alzando il tiro rispetto alla precedente richiesta di pena, avanzata e riformulata alla luce di un’eccezione procedurale che ha comportato il posticipo della sentenza: «Non fu favorito l’accertamento da parte della pattuglia, che si dovette fare largo nel locale». Lo scenario di quella notte è stato nuovamente descritto ieri dall’ultimo militare sentito come teste: «Nella confusione, era come se non fosse successo nulla. C’era uno che correva con un secchiello del ghiaccio, e ci disse “il dito è qui”. Guardammo dentro ed era lì che galleggiava».

Danni per 60mila euro

Pure la dinamica è stata al centro di ricostruzioni diverse, convenendo alla fine che la 22enne deve essersi aggrappata alla grata alzando le mani, probabilmente per scendere dal cubo. C’era stato un taglio netto. Nemmeno lei se n’era accorta subito. Nel notare il sangue, la scoperta dell’amputazione del mignolo si era trasformata in un copione da black comedy: la ricerca del dito, da terra, si era conclusa a quasi due metri di altezza, 1,93 per l’esattezza, all’incrocio tra le maglie della griglia ovale di alluminio. Un trauma psicologico e fisico, ha rimarcato ieri l’avvocato Stefania Martelli, chiedendo un risarcimento di 60mila euro per la giovane ballerina, giustificato anche dalle conseguenze delle lesioni; pur riuscendo a riattaccare la falange, la lesione era stata tale da provocarne l’indebolimento permanente.

La difesa

Per l’avvocato Massimo Martini – difensore dell’imputato – quanto accaduto «rientra negli ambiti dell’eccezionalità» e «non era in nessun modo prevedibile». Lo dimostrerebbe il fatto che «per 30 anni non si è verificato alcun incidente con quell’elemento di arredo». E il fatto che la Medicina del lavoro, dopo l’episodio, abbia disposto la messa in sicurezza delle griglie con pannelli protettivi in plexiglass per impedire futuri traumi dello stesso tipo, altro non è che «una verifica ex post», alla quale replica con «l’esito della commissione pubblico-spettacolo, composta da 12 persone, che avevano certificato che il locale fosse sicuro».

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