Maturo: Quiete frenetica al tempo del Covid 19
In qualche telegiornale, verso la fine, i giornalisti ci informano delle nuove tendenze che stanno emergendo a causa del tempo che siamo costretti – giustamente, va sottolineato – a passare in casa. Molti italiani, si scopre, fanno apericene digitali. Si bevono vino e spritz, ci si sorride un po ’alticci poi si posta lo schermo diviso di Skype su Instagram. Qualche servizio giornalistico più colto, insieme a articoli di vari intellettuali, insiste sull’elogio della “lentezza”.
Il nostro confinamento a casa può farci recuperare dei ritmi meno caotici di vita, visto che siamo costretti a lavorare meno, o in molti casi affatto. Abbiamo tempo per guardarci meglio e stare di più con i nostri figli. Vista la difficoltà dello sport all’aperto, possiamo fare yoga, meditazione o esercizi con tutorial. Nei ristoranti ovviamente non si va, quindi si può indulgere con qualche coccola in più. Gente raffinata può guardare qualche serie su Netflix, magari direttamente in inglese, sorseggiando Brunello e gustando del Gorgonzola di Casal Pusterlengo – che il negozio sotto casa ce l’ha. I figli nel frattempo fanno un puzzle e smangiucchiano mirtilli.
C’è però anche un’Italia diversa. Molti di noi vivono in modo frenetico, a casa. Soprattutto se si hanno figli le cose da fare in casa sono tante, a partire dai turni ai computer (spesso una famiglia di quattro persone non ha altrettanti computer). Ci sono da notare un doppio paradosso e un’analogia. Il primo paradosso è che nelle strade dominano una calma assoluta e un silenzio assordante, una situazione inquietante. Nelle case, spesso invece i ritmi sono velocissimi. Analogamente, ci sono strade deserte, uffici chiusi, lentezza delle code fuori dai negozi, ma negli ospedali i ritmi di lavoro sono infernali, il personale medico e infermieristico è esausto, l’atmosfera tesa. In entrambe le situazioni assistiamo a un caos calmo, una quiete nevrotica.
Inoltre, ci sono case con famiglie numerose. Case piccole, case senza cortili. Non tutte la famiglie, anche quelle con bambini e ragazzi che vanno a scuola, hanno un computer, oppure ne hanno uno per cinque. Molti non possono fare smart working perché fanno hard work fuori, al momento vietato. Queste forme di convivenza possono esacerbare fenomeni di aggressività se non di violenza famigliare. Disagio e povertà non sono ‘smart’. Dopo che sarà passato tutto questo – perché passerà visto che tutti stanno facendo la propria parte - bisognerà pensare a recuperare situazioni molto difficili. E non parlo del Brunello che sa di tappo.
*docente di Sociologia - Università di Bologna