Mobbing omofobo alla dipendente del Lidl: 4 condanne a Ravenna
Tutti condannati: il caporeparto, il procuratore speciale della ditta e i coordinatori ragionali, quello amministrativo e quello alla logistica. Sono stati riconosciuti responsabili della malattia professionale patita da una dipendente, vessata in particolar modo per via della sua omosessualità. E così anche l’azienda per la quale lavorava, la Lidl, è stata condannata a risarcire il danno da liquidare in separata sede alle parti offese.
Non solo la dipendente (una 40enne lughese che lavorava a Massa Lombarda alla quale è stata concessa una provvisionale di 30mila euro), ma anche la compagna, entrambe assistite dall’avvocato Alfonso Gaudenzi. La decisione è arrivata nel pomeriggio di ieri dal parte del giudice Tommaso Paone, che ha condannato a 3 mesi il caporeparto, Emanuel Dante, 43enne di Conselice; multa di 500 euro invece per i coimputati, Pietro Rocchi, 52enne di Riolo Terme, Claudio Amatori, 56enne di Rimini, ed Emiliano Brunetti, 42enne di Ferrara.
Insulti omofobi
Causa del tracollo nervoso della dipendente, secondo la Procura (per tutti e quattro gli imputati era stata chiesta la condanna a due mesi) sarebbero state le angherie messe in atto dal caporeparto della donna, fin dall’assunzione nel 2006. Lunghi periodi di lavoro notturno, rimproveri e offese in pubblico, comportamenti minacciosi e incarichi squalificanti, si sarebbero aggiunti a vessazioni di carattere extralavorativo, come richieste di natura sessuale, e intrusioni costanti nella vita privata. Come per esempio i riferimenti al fatto che la donna avesse una compagna; in un’occasione il 43enne avrebbe chiesto a uno dei camionisti che scaricavano merci in magazzino se preferisse avere un figlio gay o tifoso dell’Inter.Sommati, questi atteggiamenti quotidiani avrebbero provocato disturbi da panico, valutati da medici specialisti come malattia professionale. Da qui l’accusa di lesioni personali, che si è estesa anche agli altri tre dirigenti (a difenderli gli avvocati Antonio Carino e Raffaella Quintana). In particolare avrebbero omesso di effettuare una valutazione del rischio da stress lavorativo, adottando un documento bollato dal sostituto procuratore Antonio Vincenzo Bartolozzi, titolare del fascicolo, come «del tutto generico» e senza il parere del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Il giudice ha inoltre demandato alla sede civile la quantificazione del danno, a fronte di una richiesta avanzata dalla vittima compresa tra i 70mila e i 100mila euro.