Bagnacavallo, testimonianze degli alluvionati: “Sconforto e pessimismo per il futuro”
Oltre tre metri di acqua e fango hanno invaso le loro proprietà nelle altrettanti alluvioni degli ultimi diciotto mesi, andando a devastare l’abitazione e i terreni di famiglia nella tristemente nota via Muraglione a Boncellino, quella più martoriata dalla furia del Lamone e dalla fragilità degli argini che dovrebbero contenerlo.
A raccontare quel dramma è Carmen Galassi, che nel suo sfogo fa sue le paure e le perplessità del figlio, Riccardo Ballardini, che si occupa dell’omonima azienda agricola.
Nelle due ravvicinate alluvioni del maggio 2023 era stata una rottura arginale a provocare l’inondazione del territorio - in primis dei terreni e delle abitazioni adiacenti come i loro – mentre la settimana scorsa quello che non ha provocato la violenza – la rottura – è stato purtroppo compensato dall’enorme portata della piena.
«Questa volta è stata l’esondazione del fiume a lasciare uno strato spesso di limo in tutta l’azienda – racconta la donna - che rende difficoltoso o impossibile l’accesso ai mezzi agricoli e ai lavoratori per completare i raccolti in corso e peggiora lo stato generale di frutteti e vigneti. Con l’aggravante che quei terreni erano già compromessi dal deposito di 30 centimetri di limo dello scorso anno, una situazione che ha richiesto un faticoso e costoso intervento di ripristino».
Certo è che con tutto quel fango diventa impossibile accedere ai campi e cercare di salvare i prodotti ortofrutticoli della stagione.
«Nella nostra azienda era iniziata la vendemmia – sottolinea Carmen Galassi - ma la maggior parte dell’uva è ancora da raccogliere e sta deteriorandosi rapidamente. Anche il raccolto dei fagiolini che andranno a maturazione la prossima settimana è compromesso. Lo stato dei terreni, da quando sono iniziate le alluvioni, costringe l’agricoltore e i collaboratori a vivere e lavorare in un ambiente fangoso nella stagione umida e polveroso in quella estiva, rendendo estremamente disagevoli le condizioni di lavoro».
Appare scontato dunque che, come stanno facendo un po’ tutti, chiedano interventi rapidi e certi. L’eliminazione del ponte ferroviario, o il suo innalzamento, è ciò che chiede quella comunità, contestualmente all’innalzamento della stessa quota arginale. Appelli finora poco ascoltati.
«Il ripetersi delle alluvioni e la sempre maggiore fragilità dell’argine che è ora compromesso in più punti crea uno stato di sconforto e di pessimismo per il futuro – conclude lo sfogo - oltre a una sfiducia nei confronti delle istituzioni che non sembrano in grado di affrontare efficacemente la messa in sicurezza del fiume». A.CASA.