Le Accademie fra la via Emilia e il West
La secolare e prestigiosa storia culturale dell’Accademia Rubiconia Simpemenia dei Filopatridi di Savignano alla ribalta del convegno internazionale Accademie dalla via Emilia al West in programma l’8 e 9 marzo all’aula Prodi del Dipartimento di Storia culture civiltà dell’ateneo bolognese. Il 9 marzo, nel corso della sessione dedicata a Ferrara e la Romagna, il giornalista e scrittore Edoardo Maurizio Turci terrà la relazione dal titolo: “La Rubiconia Accademia dei Filopatridi, già degli Incolti (sec. XVII), lungo la via Emilia, nel cuore della Romagna”.
Turci ha recentemente curato il volume Giulio Perticari (1779-1822). Uno dei migliori ingegni del classicismo italiano, edito dal Ponte Vecchio per la collana di pubblicazioni che illustrano la storia della gloriosa Accademia.
Nata nel segno del classicismo e del dibattito secolare intorno alla questione della lingua nazionale, la Rubiconia sorse nel 1801 sulla scorta delle preesistente Accademia degli Incolti. Ne furono artefici assieme a Perticari, che assunse, secondo i dettami arcadici, il nome di Alceo Compitano, altri celebri studiosi come l’archeologo Bartolomeo Borghesi e il giurista Girolamo Amati.
Perticari assunse negli anni anche vari incarichi pubblici, così come contrasse un matrimonio – ricco di contrasti e molteplici sospetti di reciproche infedeltà, che alimentarono il “gossip” dell’epoca e dei decenni a venire – con Costanza, figlia del grande poeta romagnolo Vincenzo Monti, donna dotata di vivo ingegno e notevole bellezza.
Il conte letterato savignanese fu difensore del classicismo e del purismo linguistico, amico di Pindemonte, Niccolini, Mai e Labus. A Roma diresse il Giornale arcadico polemizzando, nel modo puntuto della pubblicistica del tempo, anche con Giacomo Leopardi.
Suoi anche saggi critici relativi alle origini della letteratura italiana e della lingua. Nell’opera “Degli scrittori del Trecento e de’ loro imitatori” sostenne che si dovesse studiare la lingua degli antichi, senza però seguirla pedissequamente (come certo classicismo imperante proponeva). Ne “Dell’amor patrio di Dante e del suo libro intorno al volgare eloquio” dimostrò che nel pensiero dantesco la lingua italiana non è soltanto quella di Firenze, ma quella di tutte le regioni d’Italia. Autore di prose e poesie, Perticari scrisse una quarantina di opere, la maggior parte delle quali non riuscì a pubblicare a causa della morte prematura.