Lungo le salite di Monte Cavallo e Barbotto
Un po’ “Via del Sale”, un po’ “Nove Colli”. Mettete insieme Monte Cavallo e Barbotto, salite simbolo delle due granfondo, aggiungete Monte Tiffi e Perticara e ne uscirà un bel mix non solo dal punto di vista delle difficoltà tecniche e altimetriche, ma anche storico e paesaggistico. Si parte da Meldola, porta della Valle del Bidente, dominata dalla Rocca costruita dagli Arcivescovi di Ravenna e oggetto nei secoli di aspre contese, a partire già da prima dell’anno Mille: prima fra la Chiesa ravennate e il potere locale, poi fra Guelfi e Ghibellini. Nel 1283 divenne l’ultimo rifugio in Romagna del conte Guido da Montefeltro, esponente di una delle tante famiglie che si sono avvicendate al governo della città, insieme a Ordelaffi, Malatesta e Aldobrandini, cui si devono diverse opere come il Loggiato Aldobrandini e il Ponte dei Veneziani. Proprio superando quest’ultimo e svoltando a destra (via Sbaraglio, strada provinciale 48), si entra nel tracciato della Granfondo del Sale. La strada inizia subito a salire, prima leggermente poi con maggior decisione (pendenza sino al 5%-6%) conducendo in circa 2 km a Monte Cucco. Dopo un tratto in falsopiano, si scende nella valle del torrente Voltre, un rigagnolo che nel maggio scorso si è ingrossato a tal punto da invadere tutte le aree circostanti e travolgere il ponte, attualmente in fase di ricostruzione. Per superarlo, quindi, si attraversa quello provvisorio allestito per ripristinare il collegamento con Teodorano e Pian di Spino, e subito dopo si gira a sinistra (bivio strada provinciale 48 per Borello) per affrontare la prima fatica di giornata, ovvero i 7 km sino ai 457 m di monte Cavallo (dislivello 366 m): una salita irregolare, che alterna impennate (punta massima del 17%) e tratti più agevoli, i quali contribuiscono ad abbassare la pendenza complessiva, portandola al 5,2%. L’ascesa si può dividere in tre segmenti. Il primo, di 4 km, contrassegnato da diversi tornanti, si conclude in corrispondenza del borgo di Teodorano, ancora circondato dalla cerchia di mura medioevali, su cui svetta l’omonimo castello, le cui origini risalgono al secolo XI. Nel 1502 venne cinto d’assedio da Cesare Borgia, il Valentino, che malgrado la strenua difesa degli abitanti, riuscì a conquistarlo, abbandonandosi poi a spietate violenze. Il secondo troncone, subito dopo il paese, è un tratto in falsopiano di circa 1 km seguito da un saliscendi che fa da preludio all’ultimo segmento, il più duro. Per raggiungere la vetta, infatti, bisogna affrontare un rettilineo di 500 m al 7,6% e 2 tornanti, fra i quali si tocca la pendenza massima dell’ascesa, oltre il 15%. Fatica ripagata perché dalla vetta si domina tutta la valle del Savio e anche oltre, spingendosi fino alla Carpegna e al monte Fumaiolo. Di qui, dopo 1 km di saliscendi, una ripida picchiata di 5 km conduce a Borello. Al termine della discesa, curva secca a destra, e in 12 chilometri, in leggera ascesa con qualche sali e scendi, si raggiunge Mercato Saraceno. Una volta qui, si lascia la Strada regionale 71 e si imbocca a sinistra via A. Saffi, proprio in corrispondenza di palazzo Dolcini, che col suo stile fra Liberty e Art Decò è una delle principali attrattive di Mercato Saraceno. Il nome della località sembra derivi da Saraceno degli Onesti che, vicino al mulino ad acqua esistente già dal 1153, volle creare un mercato sullo spiazzo vicino al fiume, in corrispondenza dell’unico ponte sul Savio fra Cesena e Bagno di Romagna. Il Mercato di Saraceno, iniziato il 4 maggio, durò 10 giorni ed ebbe una risonanza tale da rimanere l’unico della vallata anche nei secoli a venire. Seguendo dunque via Saffi si scende verso il centro storico, costruito su un insediamento del XII secolo e distribuito su tre terrazzi alluvionali, lungo la sponda sinistra del Savio, si supera piazza Mazzini e si svolta poi a sinistra in via Barbotto (Strada provinciale 12), oltrepassando il fiume omonimo e ammirando la grande rupe a strapiombo sul letto del Savio. Inizia qui il mitico Barbotto, la salita più iconica della Nove Colli: in neanche 5 km si superano ben 373 m di dislivello, il che la dice lunga sulla durezza di questa ascesa, tuttavia, non mancano le occasioni per rifiatare, perché la strada procede a gradoni, alternando rampe micidiali, intorno al 14%-15%, e tratti più facili. Lo spauracchio è l’ultimo, infernale, chilometro. Se nei primi la pendenza media oscilla fra il 7%-8%, adesso si va abbondantemente sopra il 10%, con una serie di tornanti ravvicinati, ben 5, che si inerpicano verso il cielo, seguiti da un rettilineo terribile tutto all’11%, con punte del 15%. Guadagnato lo scollinamento, si gira a sinistra nella panoramica strada che percorre la dorsale fra valle Savio e alta valle dell’Uso (Strada provinciale 11) e la si percorre per 7 km. Poco dopo Rontagnano (550 m), infatti, sovrastata nell’antichità da un castello appartenuto al vescovo di Sarsina e poi a varie signorie, in particolare Montefeltro e Malatesta, si prende a destra in corrispondenza del bivio per Ville Monte Tiffi, seguendo il nuovo tracciato della Nove Colli e affrontando una discesa, prima filante quindi più tecnica, che si conclude proprio nei primi tornanti della salita di Monte Tiffi. Sono appena 2,2 i chilometri da scalare ma si fanno sentire, basti pensare che la pendenza media è del 9,7% con picchi del 16%. Il primo tratto vede, appunto, una serie ravvicinata di tornanti, ben 5, fra i quali si viaggia abbondantemente in doppia cifra. Superato l’ultimo, ecco un segmento di 700 m più facile (7,4%) che porta sotto l’abitato di Montetiffi, abbarbicato su uno sperone roccioso da cui domina l’orizzonte circostante. A questo punto, si esce dalla fitta vegetazione che caratterizza il primo chilometro e mezzo per affrontare gli ultimi 700 metri, tutti fra il 12%-16%, in cui si scalano prima altri due tornanti, e poi un durissimo rettilineo che conduce al piccolo borgo, celebre per la produzione di teglie in terracotta in cui cuocere la piadina romagnola. Documentato a partire dall’XI sec., Montetiffi vanta un pittoresco centro storico d’impronta medioevale e, soprattutto, l’Abbazia benedettina, in stile romanico, con una struttura unica nel suo genere. Dalla cima, una ripida e tortuosa discesa (1,6 km) riporta nel fondovalle da dove, dopo un breve intervallo in falsopiano, si riprende a salire e in poco meno di 6 km (pendenza media 6,1%) si arriva all’innesto con la Strada provinciale 11 che collega Perticara a Sogliano. Si tratta di un’ascesa molto irregolare, con strappi spacca gambe alternanti a brevi falsopiani. Inizialmente, si procede proprio a scaloni, superando alcune dure rampe (7,5%-9%) seguite da tratti più agevoli. Negli ultimi 3 km, invece, la pendenza si fa più costante e impegnativa (7%-8%), tuttavia, ogni tanto cede (4%-5%), consentendo di riprendere fiato. I tornanti sono 4, di cui i primi tre ravvicinati e l’ultimo 600 metri prima dello scollinamento. Il panorama, inizialmente chiuso, tende gradualmente ad aprirsi, mentre la fitta vegetazione che caratterizza i tre quarti dell’ascesa cede spazio ai pascoli finché, raggiunto il crinale in cui scorre la Strada provinciale 11, si può spaziare fra la valle dell’Uso e quella del Savio. Dopo lo scollinamento, si abbandona il tracciato della Nove Colli, che prosegue a sinistra, verso l’abitato di Perticara, e si tiene invece la destra; si attraversa Savignano di Rigo e si raggiunge di nuovo la sella del Barbotto, su percorso ondulato. Una volta qui, si ridiscende a Mercato Saraceno e si percorre a ritroso il percorso dell’andata, lungo la Strada regionale 71, fino a Borello, per affrontare Monte Cavallo dal versante più duro. Inserita in diverse edizioni passate della Granfondo via del Sale, questa è un’ascesa per veri grimpeur, come testimoniano i dati tecnici: nel primo chilometro la pendenza media è quasi dell’8,5% mentre nel secondo supera addirittura il 9%. Spartiacque è la chiesa di Luzzena, che si può vedere, alzando lo sguardo, già da Borello. Una volta raggiunta, il più è fatto, visto che gli altri 3,7 km sono tutto sommato pedalabili e fanno sì che la pendenza media dell’ascesa si aggiri intorno al 6%. Il punto chiave della salita sono 700 metri intorno al 13% proprio prima della chiesa di Luzzena, con la strada che prima sale dritta come un fuso, poi piega a sinistra, infine supera un tornante a destra (7°) e finalmente spiana, permettendo allo sguardo di spaziare da Bertinoro e Montemaggio sino alla costa mentre, davanti, si intravedono le antenne di Monte Cavallo, culmine dell’ascesa. L’ultima difficoltà si registra al km 4, dove, dopo 2 ravvicinati tornanti (8° e 9°), bisogna affrontare 500 metri al 7,5%, con una punta del 10,5%. Dalla vetta (457 m, dislivello 367 m), si ripercorre in discesa (eccetto la piccola asperità di Monte Cucco) la strada affrontata in precedenza in salita e in 11 km si fa ritorno a Meldola.