Itinerari Pantaniani, iIn bici lungo i percorsi in cui il Pirata preparava le sue imprese sportive e dove si allenava per Tour e Giro

“Un vero Pirata non muore mai”. Hanno ragione i tifosi del “Club Marco Pantani” di Borello. La scritta a caratteri gialli cubitali che campeggia all’incrocio della Strada Statale 3 bis Tiberina con lo svincolo dell’E45 racconta, infatti, una verità per chiunque pedali nell’entroterra romagnolo. Come scrive Giacomo Pellizzari nel suo libro “La mappa del Pirata. Guida sentimentale ai luoghi di Pantani” (Cairo Editore), il campione di Cesenatico, nella sua terra, «riemerge in ogni dove (...): è tra le campagne, i canali, le balle di fieno, sui colli, dal Polenta al Barbotto, passando per il Ciola, il Fumaiolo, Le Balze, il Pugliano o il passo del Grillo (...). E’ dietro un filare d’alberi tra la via Emilia e il cuore, o nel bosco fitto fitto del suo amato Cippo di Carpegna»

D’altra parte, era qui che il Pirata costruiva le sue imprese. Per allenarsi, gli erano sufficienti le strade di casa, percorsi che conosceva a menadito, tant’è che usciva sempre senza borraccia: «Mi basta sapere dove sono quelle quattro fontane lungo il percorso», diceva. E proprio qui è nata la sua leggenda. Il suo primo successo, infatti, la conquistò nel 1984 a Case Castagnoli di Cesena, tagliando il traguardo in perfetta solitudine dopo aver staccato tutti. Il suo mentore, Pino Roncucci, invece, lo notò nel 1987 in una gara Allievi nell’Appennino romagnolo, la Forlì-Monte Coronaro. «Ero andato per visionare due corridori friulani - racconta - e mi ero posizionato a un paio di chilometri dalla vetta; mi aspettavo transitassero per primi, invece, ne spuntò uno solo, Della Vedeva, tallonato da un ragazzino snello e sorridente, che poi vinse in volata». Era Pantani. Corridore dotato di in una «potenza incredibile» tant’è che in una «Meldola-Rocca delle Camminate, al momento d’imboccare la salita spaccò addirittura il telaio per la forza che aveva impresso», come ricorda il dottor Enzo Cavazzini, che lo seguiva come medico quando era nei Dilettanti.

Carpegna

Insomma, in Romagna, ovunque ci si trovi, c’è un po’ del Pirata. Se proprio si vogliono scegliere due salite simbolo, però, la scelta non può che cadere sul Carpegna, al confine fra Romagna e Marche, e Montevecchio, sopra Borello. La prima è probabilmente l’ascesa più iconica delle tante rese celebri da Pantani che, non a caso, amava ripetere: «Il Carpegna mi basta». La salita al Cippo, infatti, era la sua palestra preferita per preparare Giri e Tour: partire dal mare e arrivare in cima a questa montagna, ascoltandosi mentre si alzava sui pedali o scalava un dente, gli dava il polso della condizione.

Per provare a emulare il Pirata basta raggiungere l’abitato di Carpegna e cimentarsi su questi 6 km di pura fatica. I dati sono eloquenti: la pendenza media è pari al 10,2% mentre la massima tocca quota 18%, per un dislivello complessivo di 624 m. La scalata è scandita da cartelli tematici che segnalano pendenza e lunghezza di ogni tratto, nonché dai ricordi di Marco Pantani e delle imprese di Eddy Merckx ai Giri del ’73 e del ’74: gigantografie delle pagine della Gazzetta, scritte sull’asfalto, installazioni sui muretti.

Da dentro il paese di Carpegna, raggiungibile risalendo la Strada Provinciale 2, o la valle del Foglia, lungo la Strada provinciale 3, si svolta a destra e si imbocca uno stretto stradello che punta subito all’insù: nei primi 2 km, infatti, occorre superare un dislivello di 290 m, con pendenza media del 13%, un’impennata al 18% come biglietto da visita e un’altra al 14,7% poco prima della conclusione del primo chilometro. L’unico sollievo è rappresentato da qualche tornante, che consente di tirare brevemente il fiato. Il più suggestivo è il sesto, da cui lo sguardo può spingersi sino alla costa.

In corrispondenza del Cippo - dove è stato eretto il monumento a Marco Pantani e si trovano un’area pic-nic, il rifugio della Forestale, un campeggio e una fontanella in cui rifornirsi d’acqua - la strada spiana leggermente (6,8%), tuttavia, la tregua è brevissima. Dopo la sbarra (spesso chiusa) che blocca l’accesso alle automobili, infatti, la pendenza torna a mordere, aggirandosi tra il 10%-13%, anche se qualche tratto all’8%-9% permette di respirare un po’. Dal 4,5 al 5,5 km si viaggia costantemente in doppia cifra, ma è l’ultima fatica, visto che gli ultimi 500 sono in calando, dal 7% al 5%. A questo punto, si esce dal fitto bosco (prima pineta, poi faggi) che ha segnato tutta la scalata e si può, finalmente, contemplare “il cielo del Pirata”, spaziando da San Marino al Monte Aquilone, dal Monte Fumaiolo alla vallata del Marecchia, sino al mare. Dalla cima (1.351 m) dove troneggia la gigantografia di Pantani, in 5 km si scende al passo Cantoniera, e di qui, in poco meno di 5 km, si fa ritorno a Carpegna.

Montevecchio

L’altra salita che non mancava mai negli allenamenti del Pirata era Montevecchio (Strada Provinciale 75), ora clou del Memorial Pantani, divenuta una classica per i professionisti. Basti pensare che la vetta è stata ribattezzata, appunto, cima Pantani. Si tratta, non a caso, di un’arrampicata per veri grimpeur, con strappi violenti che obbligano ad alzarsi ripetutamente sui pedali.

Complessivamente, sono 4,6 km da percorrere, per un dislivello complessivo di 300 m e una pendenza media del 6,6%. La salita si imbocca poco dopo Borello, lungo la strada che risale la valle del Savio (SR 142). Si lascia dunque l’arteria principale, svoltando a sinistra, e si percorrono i primi 500 metri in leggera pendenza, che non devono ingannare, perché poi l’asfalto punta decisamente all’insù, proponendo una serie di stretti tornanti. Dopo il quinto, un’impennata a doppia cifra (il cartello stradale indica 14%) obbliga a impostare il rapporto più agile. Nel secondo chilometro, non si scende mai sotto il 9%, anzi, fra il settimo e ottavo tornante si va ampiamente sopra il 10% (il cartello stradale indica 15%). Dopo 2,5 km la pendenza si fa più umana (5%-5,5%), e si può ammirare la sottostante valle del Savio, sino alle vette del crinale tosco-romagnolo. Si costeggia il castello di Montevecchio, quindi, si taglia diagonalmente la montagna in un ambiente selvaggio caratterizzato da calanchi e rada vegetazione. L’ultima difficoltà sono 500 metri al 7%, poi la strada piega a sinistra e si può sprintare sino al monte dell’Erta (390 m) dove campeggia il masso in cui è incastonata la foto di Marco Pantani.

Lungo l’ascesa, sono ben visibili le devastazioni lasciate dall’alluvione di maggio. In diversi punti, infatti, la carreggiata è franata verso valle, con conseguente restringimento della sede stradale. L’asfalto, nel complesso, è molto rovinato, tuttavia, malgrado i cartelli di divieto di transito presenti all’imbocco, il percorso si può affrontare senza problemi. Una volta in cima, si prende a sinistra via Garampa e attraverso Oriola, Montereale e Acquarola si scende a Cesena. Per sentirsi un po’ Pantani, è più che sufficiente.

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