Insieme al Cai di Cesena in uno dei percorsi più suggestivi dell’Appennino
E’ una tra le più belle e interessanti escursioni nelle nostre vallate romagnole, un percorso a forte caratterizzazione storico-ambientale, su un tracciato noto almeno dal XII secolo. La mulattiera “Strada dell’Alpe” - il suo antico nome - su cui si svolge una buona parte del percorso, ha infatti un grande passato: era l’antica via di comunicazione tra Romagna e Toscana, percorsa per secoli da viandanti, carbonai, pastori e pellegrini. Dagli “Annales Stadenses” del germanico Monaco Alberto, redatti nel 1152, abbiamo notizia della sua inclusione nella “Via Romea di Stade”, una delle Vie Romee ovvero degli itinerari che conducevano a Roma, meta di pellegrinaggio nel Medioevo. Il riferimento a Stade riguarda Alberto, il monaco benedettino di Stade, a cui dobbiamo la descrizione più antica della Via quale tragitto più breve per raggiungere Roma partendo da Stade . Nella parte - in particolare dalle Gualchiere in poi - grazie anche all’istituzione di una “Area Wilderness”, mantiene inalterate le sue caratteristiche geomorfologiche che hanno permesso il mantenimento di una certa integrità dell’area e gli hanno conferito un aspetto particolarmente selvaggio, aspetto che ne è appunto il valore primario.
Lasciata l’auto in uno slargo posto sulla Sp 137, accanto alla spalla del ponte sul Fosso delle Gualchiere, dopo aver superato, provenendo da Bagno, il bivio per la “Strada dei Mandrioli”, inizia il percorso, segnato Cai 177 e 181, Val di Bagno Trek, Il Cammino di San Vicinio, Via Romea-germanica. Si scende nella stretta valle per attraversare il borghetto delle Gualchiere (520 slm), un insediamento paleoindustriale documentato fin dal Cinquecento, perfettamente restaurato. Oggi vi si trova, fra l’altro, un agriturismo. Lasciato alle spalle il nucleo, si prosegue il cammino su un ampio stradello delimitato da un muro a secco. Tenendosi alla destra di un traliccio che si para davanti, si imbocca dopo pochi metri il vecchio tracciato - scavalcando un esile fosso - che inizia subito a salire sinuoso con rapidi tornanti su un selciato eroso dall’acqua. La salita termina dopo poco e ci permette di procedere a mezza costa in discesa per poi inoltrarci, sempre su tratti di mulattiera selciata, nella valle scavata dal Fosso del Capanno. Sempre scendendo si giunge nei pressi di una cascatella naturale sovrastata dai ruderi del Capanno dei Campacci, seminascosti da folta vegetazione spinosa e da una piantata di pini. Risalendo dolcemente sulla strada ora ben definita e discretamente conservata, in pochi minuti si arriva al ponte sul fosso del Capanno. Subito passato il ponte - siamo alla confluenza del fosso del Recetto o Chiuso (su alcune carte “delle Valchirie”, probabile fascinosa storpiatura dell’originario “Valchiere”) con quello delle Capanne - ci si imbatte in una tabella in metallo che delimita l’ “Area Wilderness” con un decalogo sul comportamento da tenere al suo interno. A destra una piccola costruzione ricorda la Cappella Balassini - altrimenti Maestà del Ponte, Maestà di Lorenzo Birbone o Cappella del Ponte - riassettata più volte e con un’immagine in arenaria rappresentante La Madonna del Galestro, opera di Silvano Fabiani.
La mulattiera sale tra rada e bassa vegetazione sfruttando scalini naturali sulle stratificazioni di marna ed arenaria. Il paesaggio si apre: si cammina sull’orlo dell’area wilderness Fosso del Capanno, racchiusa tra il versante che stiamo risalendo e quello per dove si snodano i tornanti della SP 142 verso il Passo dei Mandrioli. Man mano che si sale per tratti brulli e altri contornati da fitte alberature sempre più contorte e modellate dal vento, il tema paesaggistico prende il sopravvento regalando vedute sul crinale dell’Alpe con profondi valloni scavati da corsi d’acqua, la forma tozza dello sprone galestrato su cui sorgeva Castel dell’Alpe, lo strano sviluppo delle arenarie perfettamente alternate alle marne degli Scalacci, la dorsale del Comero, l’inconfondibile spianata della Biancarda e il dente del Fumaiolo, le Capanne e Verghereto.
Evitato il sommo di Poggio Alto, la mulattiera si appiana nell’ampio pianoro di Nasseto. Qui, superando la scaletta ricavata dalla recinzione, accanto ai ruderi del podere abbandonato (895 slm) - da cui è stato ricavato un “rifugio aperto” -, è d’obbligo fermarsi un po’ per un breve ristoro. Si imbocca poi uno splendido e antico viale d’aceri campestri, querce e carpini bianchi che attraversa il pratone ondulato declinante verso il Fosso del Capanno. Poco dopo, appena il crinale si fa galestrato e spoglio a formare tre curiose cime, s’incontra il bivio tra il sentiero Cai 177, che continua verso Passo Serra lungo il crinale, e il Cai 181. Seguendo quest’ultimo si scende fino alla testata della valletta del Chiuso guadando il Fosso omonimo, per poi risalire sul versante opposto fino alla selletta a fianco dello sperone su cui anticamente sorgeva, a quota 1014, la fortezza di Castel dell’Alpe. La casa omonima, che ha preso il nome dall’antico Castrum Alpium, appare dalla sella: grande, con tetto in lastre, una delle ultime, in questo lembo di Appennino, ad aver conosciuto l’abbandono definitivo (1970).
Invece di scendere a Castel dell’Alpe, si può proseguire sulla sinistra camminando sempre sul crinale ondulato, a volte arido a volte coperto da rada vegetazione, cogliendo vedute sulla valle dirupata del Chiuso ricoperta da estese radure da cui erompe il biancore del galestro, poi tramite il ripido versante del monte Valsezza o Stangone completamente rimboschito, si arriva a un rudere insediato sulla mezza costa, sospeso sulla valle che si restringe: è il Chiuso (727 slm), abbandonato anch’esso nel 1970. Sul concio scuro del camino si legge “1937”. Si scende ora tra piantate di varie essenze fin poco sopra lo scorrere del Fosso, seguendolo per poi guadarlo e portarsi sulla sua sx idrografica. In breve la mulattiera sbuca di lato alla Maestà Balassini poco sopra il ponte sul Fosso del Capanno e si può riprendere sulla destra il cammino verso le Gualchiere. In estate, come piacevole alternativa al sentiero segnato percorso all’andata, è possibile seguire, stante la minore portata d’acqua, il letto del fosso, guadandolo più volte (salvo errori 6).
PERCORSO: Gualchiere-Nasseto-Chiuso-Bagno di Romagna
LUNGHEZZA: km 8,6
TEMPO DI PERCORRENZA:
4 ore
DATI TECNICI: Difficoltà “E”=percorso escursionistico; Dislivello in ascesa 615 m
SUGGERIMENTI UTILI: Sconsigliato con neve e pioggia. Mandrie al pascolo nella piana di Nasseto. Fare attenzione nel superare il tratto galestroso poco oltre la piana di Nasseto. Necessari scarponi o scarpe basse da trekking con suole scolpite e dotazione normale per camminate in montagna.