Il fascino dei “giganti di pietra”, un viaggio nei borghi abbandonati in Romagna
Spiagge affollate, tuffi in mare, giochi sulla sabbia e balli all’aperto sotto le stelle. L’immagine da cartolina dell’estate in Riviera è l’icona della Romagna nel mondo. Ma c’è anche un’altra Romagna, più intima, solitaria, poco conosciuta. Ed è quella dei borghi dimenticati. Frazioni abbandonate nel corso dei decenni per diversi motivi, frane, terremoti, esondazioni ma anche per le conseguenze di eventi bellici, l’isolamento dalle vie di comunicazione o questioni economiche, per il lavoro venuto meno.
Formignano
Come Formignano, borgata della Valle del Savio sopra Borello sede fino al 1962 di una importante miniera di zolfo. Quando l’impianto fu chiuso, il villaggio minerario venne abbandonato. Alla fine degli anni ‘80 un gruppo di appassionati di memoria storica fondò la società di ricerca e studio della Romagna mineraria al fine di far uscire il luogo dall’incuria che, dopo essere stato oggetto di una riqualificazione dal 2010 con sistemazione delle strade e creazione di piazze e spazi di aggregazione, oggi si presenta come un museo a cielo aperto.
Pietrapazza
Posto a poco più di 600 metri sul livello del mare nella vallata del Bidente, Pietrapazza, un tempo popolata da 200 persone, è un paese fantasma abbandonato nel 1971, di cui restano la chiesa dedicata a Sant’Eufemia, il piccolo cimitero e una manciata di case coloniche in rovina oltre a un ponte in pietra sul fiume. Nessuno ci vive più, eppure il borgo è ancora frequentato, essendo inserito in una zona di sentieri percorsi da ciclisti in mountain bike e camminatori nell’area delle Foreste Casentinesi, mentre d’estate è meta di bagnanti che cercano refrigerio con un tuffo nelle acque fredde del torrente che crea pozze e cascatelle.
Pastorale
Del piccolo agglomerato rurale di Pastorale resta un cumulo di abitazioni ricoperte dalla vegetazione che portano ancora visibili i segni del terremoto che danneggiò le case del borgo, situato a un’altitudine di 720 metri. Dopo il sisma i suoi 60 abitanti abbandonarono l’abitato, vicino al quale si trova l’altra borgata dimenticata di Santa Maria di Montegiusto dove le case, così come il santuario e il cimitero, sono in rovina dopo che l’8 dicembre 1967 l’ultimo abitante lasciò la frazione, isolata dalla nuova strada provinciale. Di Montegiusto resta invece ancora la testimonianza dell’antica e venerata statuina lignea della Madonna ora custodita a Tavolicci, abitato da poche decine di persone tristemente noto per l’eccidio del 1944 in cui vennero trucidati 64 abitanti, tra cui 10 bambini.
Castel d’Alfero
Non distante da Tavolicci sorge Castel d’Alfero, borgo d’origine medievale sospeso su uno sperone di roccia a poca distanza da Alfero. Luogo del cuore del Fai, l’antico castrum è una piccola perla che si anima nei weekend e d’estate. Intorno al Mille era sede di un importante castello; divenuto successivamente un borgo rurale una volta persa la funzione difensiva, oggi si presenta come un “paese di pietra” di eccezionale interesse architettonico e ambientale.
San Paolo in Alpe
Sull’altopiano a 1.030 metri sul livello del mare, dai prati accanto l’antico rudere della chiesa che fu edificata sul primordiale oratorio medievale si gode una vista unica. Non a caso la zona di San Paolo in Alpe, nel cuore del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, è una delle mete più apprezzate per il trekking. Un abitato fantasma, dove è presente un bivacco, la cui fine coincide con la seconda guerra mondiale. San Paolo era infatti la sede di un comando dell’VIII Brigata Garibaldi che nell’aprile del 1944 fu attaccato da una divisione nazifascista. Il luogo di culto dedicato a Sant’Agostino venne dato alle fiamme e le poche famiglie della zona a poco a poco si spostarono.
Bastia di Bocconi
Nell’800 contava 330 abitanti, ma la costruzione della strada favorì lo sviluppo di Bocconi e a poco a poco negli anni ‘50 l’abitato di Bastia, antico borgo fortificato raggiungibile con una mulattiera lungo la valle del Montone, si spopolò. Del villaggio non restano che ruderi in pietra e la chiesetta ristrutturata, meta di funzioni religiose e pellegrinaggi d’estate, non solo di fedeli ma anche di escursionisti dal momento che il paese fantasma si trova a poca distanza alla frequentata cascata della Brusia, gettonatissima per i bagni sotto lo scenografico ponte a tre arcate.
Cerreto di Saludecio
Altro luogo in cui il tempo sembra essersi fermato è Cerreto di Saludecio, antico borgo fortificato tra le colline della valle del fiume Conca con le case disposte a cerchio attorno alla chiesa. Oggi, pur essendo praticamente disabitato, è piuttosto frequentato, sia per lo scenario paesaggistico in cui è incastonato che per le curiose leggende legate ai presunti comportamenti istrionici dei suoi abitanti al punto da essere definito in passato il “paese degli sciocchi”. Miti, al centro anche di un partecipato carnevale, come il viaggio intrapreso verso Rimini per acquisire l’intelligenza poi lasciato a metà per la stanchezza con l’intento di completare l’itinerario il giorno seguente dopo essere però rientrati in paese o l’annegamento per assaggiare la polenta nel pozzo.
Brento Sanico
Abbandonato da decenni, il borgo dimenticato di Brento Sanico, frazione posta a 628 metri nel territorio di Firenzuola che guarda la Vallata del Santerno, potrebbe invece risorgere. Da tempo infatti, un gruppo di volontari sta cercando autonomamente di ristrutturare la chiesa e quel che rimane degli altri edifici. Un progetto partito nel 2018 su iniziativa di Anna Boschi, guida turistica di San Pancrazio innamorata di quei luoghi, e dall’intraprendenza del parroco faentino don Antonio Samorì, il “sacerdote-muratore” di Basiago che ha operato per il recupero di diversi edifici di culto della Romagna, dall’Eremo di Gamogna, nel comune di Marradi, alla chiesa di Trebbana, vicino a Tredozio e quella del borgo di Lozzole, a Palazzuolo sul Senio. Nel 2021, i lavori a Brento hanno interessato soprattutto la chiesa, per via di un’infiltrazione che stava rovinando i numerosi affreschi. I lavori si stanno concentrando sulla ristrutturazione della casa più grande tra le 6 presenti, è stata portata l’elettricità e un impianto di scarico fognario. Una volta completato l’intervento, l’edificio potrebbe ospitare nuovi residenti; in passato qualche candidato si era fatto avanti.
Castiglioncello
Già da lontano, incastonato al confine con il Gran Ducato di Toscana, il borgo di Castiglioncello, tra Castel del Rio e Firenzuola, fu a lungo un punto strategico a livello militare e commerciale e riuscì a sopravvivere a guerre, fulmini, incendi e anche alla piena del fiume Santerno del 1777. Arrivò a contare una sessantina di abitanti (nel 1931 ne risultavano 64) prima di spopolarsi nel dopoguerra. La borgata, vicina alla frequentata cascata di Moraduccio e alle sue pozze per gli amanti dei bagni nel torrente, è spesso meta di trekking e si presenta con edifici diroccati, compresa la chiesa.
Crivellari
Altro borgo abbandonato che potrebbe tornare a vivere è Crivellari, frazione posta tra Riolo Terme e Casola Valsenio, nel Faentino, inserita nel Parco della Vena del Gesso Romagnola. Risalente al 1200, l’insediamento è uno dei pochissimi abitati costruiti nel gesso. Progressivamente abbandonato a partire dal secondo dopoguerra, è meta di trekking da parte di appassionati di natura e storia che amano passeggiare tra le rovine, ma è anche al centro di un tentativo di rinascita dopo che alcuni privati hanno recuperato qualche edificio nell’ambito di un progetto di salvaguardia.