Inchiesta sulla Mib a Ravenna, trema il settore del turismo
Quasi sei milioni di euro, questo è l’ammontare del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, disposto dal gip Corrado Schiaretti nei confronti della ravennate Mib Service srl. E, tra l’altro, la cifra potrebbe essere la punta dell’iceberg, perché solo il proseguo delle indagini della Guardia di finanza potrà svelare l’esatto sgravio fiscale garantito dalla presunta operazione illecita che, secondo il giudice, andrà ben oltre le somme quantificate fino ad ora.Quella avviata dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal sostituto procuratore Monica Gargiulo potrebbe essere un’inchiesta pesantissima, perché partendo dagli uffici di un’apparente piccola società nascosta tra gli edifici della Darsena, si arriverebbe a scuotere le fondamenta stesse di decine e decine di ristoranti, pub, alberghi, stabilimento balneari e discoteche ravennati, ma anche del resto della riviera. Uno tsunami che rischia di veder coinvolta buona parte del mondo turistico e ricreativo ravennate, con nomi anche altisonanti. È sì, perché in quasi dieci anni di attività la Mib Service srl sarebbe riuscita a chiudere contratti con ben 122 imprese del territorio, garantendo loro tutta una serie di servizi per il personale che, tuttavia, secondo gli inquirenti avrebbero avuto il solo scopo di consentire l’evasione dell’Iva e di altre imposte ai clienti e alla srl stessa. Scoprire come avvenisse tutto ciò è il cuore di un’indagine complessa che ora ha portato ai primi sequestri.
Gli indagati
Cinque sono i nomi delle persone finite nel registro degli indagati con la grave accusa di associazione per delinquere: i tre rappresentanti della Mib Service srl – due dei quali difesi dagli avvocati Filippo Sgubbi e Tommaso Guerini di Bologna e l’altro dal legale ravennate Matteo Olivieri – un consulente del lavoro 54enne di Cotignola, tutelato dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, e un’avvocatessa 33enne di Ravenna, rappresentata dal legale Ermanno Cicognani. A due degli indagati vengono inoltre contestati i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta al fine di evitare il pagamento delle imposte sul reddito.
Tutto fittizio
Entrando nel merito dell’inchiesta iniziata nel 2017 (in seguito a un controllo fiscale effettuato dai finanzieri) la Mib Service si proponeva sul mercato, all’attenzione degli imprenditori del settore turistico e ricreativo, prospettando un modello d’impresa moderno, fondato sulla formazione del personale, sulla progettualità, sull’analisi e sull’adeguamento step by step. Insomma, quello che il giudice Schiaretti definisce chiaramente con le parole «un vestito sartoriale» cucito addosso al cliente. Peccato che questa immagine sarebbe stata solo apparente, dato che quanto pubblicizzato veniva costantemente disatteso.
Secondo quanto dichiarato, la Mib sostanzialmente operava in prima battuta con una consulenza, per poi prendere in mano tutta la gestione dei dipendenti attraverso lo strumento dell’appalto di servizi. In realtà, secondo gli inquirenti, l’operazione sarebbe stata del tutto fittizia, dato che i lavoratori continuavano ad essere assunti, gestiti e poi licenziati direttamente dalle imprese clienti. Qual era dunque l’utilità alla fine di Mib? Secondo il pm le attività che hanno beneficiato dei suoi servizi non avrebbero modificato, di fatto, nulla della propria organizzazione, ma avrebbero semplicemente frapposto fra sé e i loro dipendenti (molti dei quali inconsapevoli) lo schermo di una società operativamente inesistente (appunto la srl ravennate), che avrebbe consentito sia a loro che alla stessa Mib risparmi di imposta, illeciti sgravi contributivi e, verosimilmente, anche ritorno di utili extracontabili.