La Coop Ceramica compie 150 anni e riporta alla luce tutta la sua storia

Imola

Per i suoi primi 150 anni la Cooperativa Ceramica di Imola recupera la propria storia pietra per pietra e allo stesso tempo guarda al futuro. Se gli imolesi hanno visto cambiare in questi ultimi anni l’area intorno allo storico stabilimento, da inizio secolo scorso collocato fra viale Marconi, via Vittorio Veneto e la stazione, sappiano che non è finita. Fra pochi giorni, infatti, vedranno mutare ancora lo sky line.

Borgo industriale

L’imponente progetto di recupero che dovrà essere pronto per la data del compleanno, il 6 luglio prossimo, è stato guidato dal presidente Stefano Bolognesi, in carica dal 2004, con l’avvallo del cda e della compagine di 120 soci che ha investito 10 milioni di euro, non in produzione, per lasciare in segno, ma soprattutto per accrescere il valore del marchio oggi esportato in tutto il mondo. «I nostri avi - così chiama i fondatori Bolognesi - erano partiti in centro storico, in via Quaini all’angolo con viale Rivalta rilevando l’azienda padronale della famiglia Bucci. Il 6 luglio 1874 l’attività venne ceduta dal proprietario ai lavoratori che nel 1877 fondarono la cooperativa. Capirono subito che un prodotto povero come la stoviglieria non era sufficiente e cominciarono a partecipare a fiere italiane e in Europa cercando di creare maggiore valore, e allargare la produzione a livello industriale. Nel 1911 decisero di fare il salto in una dimensione industriale, non solo con la sezione artistica, ma anche con lo sviluppo nel campo dell’edilizia».

La scoperta della vetreria

E’ in quella fase che i cooperatori intercettano la liquidazione dello stabilimento in via Vittorio Vene-to, acquisito poi finita la guerra, nel 1920. Ciò che i lavori hanno rivelato è un pezzo di storia imolese quasi sconosciuta. Quello stabilimento lo aveva fatto progettare all’ingegnere Felice Orsini, nipote del più celebre poeta e rivoluzionario, una cooperativa di maestri vetrai di Sesto Calende, la Vetreria operaia federata, registrata a Milano nel 1903, che fece costruire in tutta Italia altri 5 siti gemelli. Arrivò a produrre fino a 90mila bottiglie al giorno, ma nel 1909 entrò in crisi. E sulle fondamenta della vetreria nacque la Coop Ceramica. Nei decenni, alla struttura originaria già pensata come polo industriale con la ciminiera e l’ingresso per i treni a vapore, si sono sovrapposti, in particolare dagli anni Cinquanta, capannoni attivi per la produzione fino al 2009 (poi spostata negli stabilimenti di via Correcchio, Borgo Tossignano e Faenza), e altri pezzi che il lavoro di recupero minuzioso in via di completamento ha smantellato riportando alla luce le pietre originarie e spazi di grande suggestione. «Abbiamo chiamato questa operazione “svincolo dal vincolo”, affidando uno studio all’architetto Moreno Daini per identificare i connotati storici dell’edificio e poter eliminare così tutte le stratificazioni nel tempo non più necessarie - spiega Bolognesi -. Al Comune abbiamo chiesto di poter svincolare le aree che volevamo pulire, ci abbiamo messo qualche anno e nel 2022 abbiamo ottenuto il via libera».

Oltre all’ “operazione Despar”, che aveva già portato alla “ripulitura” di 22mila metri ceduti alla catena austriaca, con gli ultimi lavori, una delle scoperte più affascinanti è stata la facciata lato ferrovia, prima coperta da un capannone, con le sue grandi vetrate e gli oblò e una scritta gemella a quella sull’ingresso di viale Marconi.

Museo e ospitalità

L’antico opificio oggi liberato delle sovrastrutture del tempo è un salone a volte che mantiene a vista anche un vecchio forno interrato della vetreria, emerso con gli scavi. Al piano terra è stata spostata la sezione artistica e tutta l’area sarà adibita a ospitalità. Oggi in opera c’è il primo piano che diventerà il nuovo museo connesso a un suggestivo sottotetto mai aperto prima. I tre piani collegati raccoglieranno i 150 anni di storia della Ceramica. «Il museo racconterà le opere, l’industria, ma soprattutto la storia delle persone che l’hanno fatta, perché una cooperativa è fatta innanzitutto di persone - rimarca Stefano Bolognesi -. L’intento sarà quello di aprirlo alla città almeno in alcune occasioni».

FOTO MMPH

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