Imola, «Noi tra pioggia, frane e morte, ma non abbiamo mai pensato di mollare»

Sembra ieri, ma è già passato un anno. Una frase di cui troppo spesso si abusa, ma perfetta per descrivere cosa hanno rappresentato per noi romagnoli le due alluvioni del maggio 2023. Ascoltando, però, i racconti di coloro che vissero da vicino quell’incubo il sottofondo è quasi sempre lo stesso, al di là della paura che ciò possa ripetersi: il rumore. È così anche per Stefano Colli, titolare con la sua famiglia dell’azienda agricola e agriturismo La Taverna sulla provinciale Casolana a Fontanelice.

«Quello che mi è rimasto più impresso di quelle giornate e notti è il rumore incessante dell’acqua che scorreva nei terreni formando dei fiumi - racconta -. Il rumore degli elicotteri che il 3 maggio sorvolavano la zona e noi che non sapevamo cosa stesse succedendo, salvo poi apprendere la notizia della prima vittima a poca distanza dal nostro agriturismo (l’agricoltore Enrico Rivola trovato senza vita sotto le macerie della sua casa crollata a causa di una frana, ndr)».

E poi il rumore delle frane che hanno ridisegnato la fisionomia del territorio. «La chiusura delle strade e l’impossibilità di accedere all’agriturismo è stato scioccante - continua Colli -. Giornate impegnative, ma ci siamo fin da subito rimboccati le maniche inconsapevoli di quanto sarebbe poi successo due settimane dopo. In dieci giorni abbiamo creato una nuova strada ghiaiata che passava per i nostri campi. La seconda alluvione ancora più devastante, però, poco dopo distrusse tutto, compresa parte della provinciale Casolana. Lì ci crollò davvero il mondo addosso».

A quel punto per Colli la possibilità era evacuare l’azienda o rimanere. «Siamo stati isolati cinque giorni e decisi di restare, perché per me era impensabile andare via - spiega -. Il problema però era il cibo per gli animali, perché ormai il raccolto era andato perso. A portarci due rotoloni di fieno fresco furono i vigili del fuoco con l’elicottero».

Passata l’emergenza «è stato bello vedere l’affetto e la solidarietà delle persone attraverso la raccolta fondi - fa sapere -. Per settimane il lavoro di tutti, soccorritori e forze dell’ordine compresi, è stato incessante, ma poi la somma urgenza è terminata e a luglio non c’era più un cantiere aperto. È questo il motivo principale che mi ha spinto a voler far qualcosa. Da lì è nato prima il video appello per riaprire la Casolana, poi il comitato dei residenti e la raccolta di oltre 70mila firme. Dopo pochi mesi, a ottobre, la strada è stata riaperta e lentamente siamo tornati alla normalità». Proprio vero, sembra ieri ma è già passato un anno.

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