Imola, mercoledì il funerale di fra’ Vittore con tutti i ragazzi e i volontari del Mercatino dei cappuccini
La forza delle mani e della fede, i piedi sempre scalzi anche con la neve, insensibili ormai a ogni asperità. In tanti lo ricordano così frate Vittore, che in realtà si chiamava Urbano, Casalboni di cognome, ma il nome lo aveva cambiato con i voti ricordando il luogo dove era nato, penultimo di nove tra fratelli e sorelle, a San Vittore di Cesena. Qui torneranno le sue spoglie mercoledì prossimo dopo un doppio funerale, il primo alle 11 a Imola nella chiesa dei Cappuccini in via Villa Clelia, e alle 15.30 proprio nel Cesenate. Se ne è andato a 82 anni alla vigilia dell’attesissimo Mercatino dei Cappuccini, che apre oggi alle 15. Un appuntamento che va oltre la passione di tanti imolesi per il riuso o l’antiquariato, un’esperienza di carità e di impegno per il prossimo che coinvolge tanti volontari e anche tutti i cittadini, oltre ai frati, e fra questi frate Vittore da una trentina d’anni era diventato il punto di riferimento principale. «Era arrivato al convento di Imola nel 1996, dopo aver svolto lo stesso compito, raccogliere e recuperare materiale per i più poveri e per le missioni, per almeno otto anni al convento di Bologna - spiega la nipote Fabiola Zoffoli -. Era fratello di mia mamma e da tre anni era nell’infermeria dell’ordine a Reggio Emilia, dopo che lo aveva colpito una malattia degenerativa che a poco a poco gli aveva tolto le forze. Lui che era famoso per riuscire a scaricare da solo anche le lavatrici, e le tante cose che raccoglieva casa per casa per portarle al mercatino. Lavorava per questo tutto l’anno, e accudiva i confratelli. Non diceva messa, era un frate semplice dedito solo al lavoro, aveva fatto quella scelta da giovane e la sua famiglia erano diventati i frati». Fabiola Zoffoli, che tanti imolesi conoscono per la sua attività famigliare, la Fattoria Romagnola, ricorda quando da bambini lei, cugini e zii lo andavano ad aiutare al convento di Bologna «per vendemmiare o sistemare l’orto». «Zio Vittore era il cuore del mercatino del Cappuccini da quasi trent’anni, crediamo sia stato un segno del cielo il fatto che se ne sia andato proprio alla vigilia dell’apertura - ammette la nipote - perché così avrà intorno a sé tutti i volontari e i ragazzi del campo di lavoro. Per tanti era diventato una sorta di mito, per la sua radicalità, la sua barba mai tagliata e i piedi sempre scalzi come Francesco, i suoi racconti, la sua forza, il lavoro senza sosta che iniziava ogni mattino alle 4.30 quando si svegliava, il suo esempio».