Imola, il fotografo Matteo Marchi: “La mia quarta Olimpiade e quella foto dell’abbraccio tra Steph Curry e Lebron James”

C’è chi sta ancora preparando la valigia o si imbarcherà a breve per Parigi, come gli atleti paralimpici (tra cui quelli di Montecatone) e c’è chi dai Giochi nella capitale francese è tornato da pochi giorni e dopo due settimane di lavoro ora si può godere le meritate vacanze. Uno di questi è l’imolese Matteo Marchi, fotografo sportivo alla sua quarta olimpiade consecutiva che per la Fiba (Federazione internazionale di pallacanestro) ha immortalato sia il torneo di basket maschile che femminile. Entrambi vinti dal team Usa e da giocatori che Matteo conosce molto bene visti i suoi anni passati da fotografo Nba. «Ho iniziato a scattare il 27 luglio, all’indomani della cerimonia di apertura e ho continuato fino all’epilogo dell’evento con la finale femminile - racconta Marchi -. Ho fotografato quattro partite al giorno e per i primi dieci giorni di gare siamo rimasti a Lilla, per poi spostarci a Parigi per le fasi finali».

Durante la giornata riservata agli shooting fotografici hai avuto modo di parlare con Steph Curry. Cosa vi siete detti?

«Gli ho chiesto se voleva venire a Imola ma ha detto no (ride, ndr). Battute a parte, nulla di particolare o giornalisticamente interessante, soltanto come si trovava a Parigi. Di lui però mi ha colpito la gentilezza, essendo uno dei pochi che diceva sempre “buongiorno”, “buonasera” e “grazie”».

In campo, invece, chi ti ha impressionato?

«La Francia femminile che è andata ad un passo dall’impresa perdendo solo di un punto in finale contro team Usa. Tra gli uomini, invece, Curry tutta la vita, dal primo al terzo posto. Gli altri sono tutti armadi a muro, compresi Lebron e Jokic. Lui, invece, ha il fisico di una persona normale, tanto che se lo incontri per strada e non sai chi è non ci fai nemmeno caso. Poi lo vedi in campo e fa quelle robe lì».

Qual è la tua foto simbolo di Parigi 2024?

«L’abbraccio tra Steph Curry e Lebron James al termine della vittoria del team Usa in semifinale contro la Serbia. Una rimonta storica e una delle partite più emozionanti viste dal vivo».

È stata l’Olimpiade più bella che hai vissuto?

«Dopo Londra 2012 direi di sì, almeno secondo me. A Lilla si giocava in uno stadio chiuso diviso a metà con 27mila spettatori sugli spalti. Era quasi sempre pieno anche quando non giocava la Francia e l’atmosfera era davvero bella».

Sei riuscito a vedere qualcos’altro oltre la palla a spicchi?

«A Parigi, nell’unica serata libera che avevo, ho ammirato la fiamma olimpica al tramonto con dietro l’Arc de Triomphe. C’era moltissima gente e dava l’idea di essere al centro del mondo, davvero uno spettacolo indimenticabile. Così come la torre Eiffel illuminata di notte con i cinque cerchi. I francesi sono stati bravi e se la sono studiata bene, su questo non gli si può dire nulla».

Ti hanno sorpreso?

«In positivo sì. Pur non essendo famosi per la loro gentilezza si dimostrati molto carini. Si vede che lo spirito olimpico li ha pervasi (sorride, ndr)».

Olimpiadi, mondiali, europei. Dopo eventi così importanti riesci ancora ad emozionarti?

«Un po’ meno, perché sto diventando vecchio però sotto la scorza qualcosa si muove ancora. Su 52 partite un paio ci sono sempre che fanno quell’effetto. Finché sei lì poi ci fai caso il giusto perché stai lavorando, ma ci ripensi dopo e dici “cavolo io però lì c’ero”».

Pensi già a Los Angeles 2028?

«È ancora troppo lontano, ma mi piacerebbe molto. Adesso però in testa ho l’Europeo 2025 poi chissà... Faccio come i giocatori che pensano solo alla prossima partita».

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