Imola, il Cau dopo un anno non ha “svuotato” il pronto soccorso ma aiuta chi non trova il medico di base

Imola

Non ha svuotato il pronto soccorso, anche se ha abbassato di poco la percentuale di accessi impropri per i codici bianchi e verdi. Però ha sopperito spesso alla richiesta degli imolesi di una risposta celere ed efficace a bisogni ai quali sarebbero deputati i medici di famiglia, compresi certificati e prescrizioni. è passato un anno dall’apertura del Cau (a Imola fu aperto il 21 dicembre 2023 in sostituzione della Guardia medica, quello di Castel San Pietro fu invece rimandato e resta in stand by) e l’Ausl di Imola ha fatto il bilancio che è positivo, ma fino a un certo punto.

Gli accessi

Fino al 17 dicembre gli accessi complessivi erano stati, secondo le rilevazioni dell’Ausl, 18.054, una media di 50 al giorno con un picco di 135 accessi durante il ponte pasquale e un minimo di 15 giorni. Presenze che si concentrano, come era previsto, nei giorni festivi e nei week end. Un numero globale in crescita rispetto a quello che totalizzava la vecchia Guardia medica che nel 2023 aveva registrato 10.301 accessi, uno scarto di circa 8000 richieste di visite che testimonia l’apprezzamento dei cittadini. L’85% di loro è stato inviato al medico curate per il prosieguo delle cure, il 6,8% inviato ad accertamenti specialistici, il 3,5% ha abbandonato il servizio prima di una risposta, e il 4,5% è stato invece dirottato al pronto soccorso, dopo un tempo medio di attesa di 43 minuti.

Riflessi sul pronto soccorso

In base alle rilevazioni fatte dall’Ausl, sono due i dati che emergono riferiti all’effetto del nuovo servizio sul pronto soccorso. Il primo rispetto all’appropriatezza: nei primi dieci mesi del 2023 erano stati 22.608 gli accessi a un pronto soccorso, non solo di Imola, da parte della popolazione in carico all’azienda per codici bianchi e verdi, ovvero a basso “tasso” di emergenza. Nello stesso periodo dell’anno che volge al termine la cifra è scesa a 20.523 accessi classificati sempre bianchi e verdi. Ovvero il 9,2% in meno. Ma questo dato, come spiega la direzione generale, è riferito appunto alla popolazione e agli accessi in tutti i pronto soccorso disponibili non solo a quello di Imola. Lì a ben guardare le statistiche i numeri assoluti dicono che fra il 2023 e il 2024 lo scarto potrebbe essere minimo: erano stati 48.014 in tutto il 2023 e sono in solo dieci mesi del 2024 già 47.707 (mancano due mesi per un raffronto finale omogeneo, ma con questi dati la media mensile è addirittura più alta). A livello nazionale il dato medio di accessi ai pronti soccorso è del +5%, riferisce il direttore Andrea Rossi.

Perché si va al Cau

E’ poi nei grafici delle motivazioni che spingono gli imolesi a servirsi del Cau che emergono dati interessanti per chi organizza la medicina territoriale. Disturbi generali sono la causa per il 20%, problemi otorino laringoiatrici per il 16%, dermatologici 15%, ortopedici 14%, respiratori 9%, gastroenterologici 7%, oculistici 6%, cardiovascolari 5%, urinari 4%, neurologici 3%, traumatici 1%. Ma al secondo posto spicca un 10% di pazienti che richiedono prescrizioni, non solo di farmaci ma anche di certificati. Dai questionari (268) sull’analisi qualitativa del servizio, gli imolesi hanno risposto di essersi rivolti al Cau nel 25,1% dei casi perché hanno avuto difficoltà a contattare il proprio medico di base quando avevano bisogno di una risposta tempestiva e di prossimità, che sono le caratteristiche preferite del servizio, assieme alla possibilità di un accesso diretto, ovvero non su appuntamento come ormai tutti i medici di base prediligono. «Il Cau ha dato una mano a ad alleggerire il pronto soccorso, non certo a svuotarlo ma questo era già previsto - ha commentato il direttore generale Andrea Rossi -. Nelle nostre intenzioni è sempre stato uno strumento per potenziare la medicina territoriale e non l’offerta ospedaliera e su questo occorre lavorare perché non sia alternativo alla medicina di base ma integrato. Lo faremo con un coinvolgimento maggiore e diretto dei medici di base, grazie anche a una possibilità che non c’era e che ora si apre. Come committenti del servizio, per chiedere loro un passo avanti rispetto a una maggiore disponibilità al libero accesso agli ambulatori e a uno standard di risposta più efficiente ai pazienti contiamo sui nuovi accordi integrativi di contratto regionale che non sono aggiornati dal 2016».

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