Germano Sartelli, la casa-museo nel bosco dove l’arte e la natura continuano a lavorare

Imola

Nel tempo l’arte di Germano Sartelli si è fusa con tanti spazi della sua città e della Vallata del Santerno, dove era nato. Fioriture metalliche, lame e spirali di ferro, che hanno spezzato la monotonia di luoghi pubblici e di passaggio, entrando a far parte del paesaggio urbano e naturale. Ora sarà invece la città che potrà immergersi nei luoghi di vita e ispirazione di Germano Sartelli: la sua casa-studio nel bosco, dove quest’ultimo è parte integrante dello spazio di vita e lavoro dell’artista scomparso proprio dieci anni fa. Dal prossimo settembre aprirà alle visite “il casetto”, l’antica casa di campagna alla fine di una strada e all’inizio di una selva nei calanchi fra Imola e Codrignano, trasformata in fucina d’arte contemporanea immersa fra la vegetazione che lo stesso artista aveva in parte alimentato piantando semi e arbusti. Oggi diventa casa-museo, la seconda in città dopo Palazzo Tozzoni: è infatti tra le 14 residenze di illustri che la Regione Emilia-Romagna ha finanziato.

Qui la presenza di Germano Sartelli è tangibile ancora oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa. «Abbiamo lasciato tutto com’era, anche la sua poltrona davanti al doppio camino che costruì lui. Abbiamo solo riordinato un po’ l’aia che era di fatto il suo spazio di lavoro» spiega la figlia Marzia Sartelli che qui ha vissuto le sue estati di infanzia e adolescenza col fratello Lorenzo, e lo stesso fa ora con il marito Ivan Vigna e il figlio Francesco.

Qui non ci sono solo le cose di uso quotidiano di Germano Sartelli e della moglie Graziana Albonetti, psichiatra che aveva conosciuto negli anni Cinquanta mentre guidava il suo atelier all’Ospedale Psichiatrico Lolli, scomparsa qualche anno dopo di lui, nel 2020. Fra queste mura trova spazio una moltitudine di opere alcune appese ai muri delle stanze proprio da Sartelli, sculture, oggetti lavorati da lui, disegni, tantissima documentazione ancora da catalogare: articoli, lettere, fotografie, cataloghi di mostre e pubblicazioni, scambi con critici e altri artisti, tantissimo materiale prodotto da lui o che parla di lui.

Ci sono anche alcune opere dei pazienti psichiatrici dell’atelier del Lolli, di cui praticamente tutto è andato perduto, e che l’artista riuscì a recuperare nel tempo salvandole. A testimonianza di quella stagione, gli anni Cinquanta, ci sono anche strumenti che Sartelli utilizzava per condurre quell’esperienza d’avanguardia, e per realizzare la quale fu costretto a prendere il diploma da infermiere per essere assunto e poter lavorare dentro al manicomio, come ad esempio una specie di proiettore per mostrare ai malati foto di opere famose e stimolarli a reinterpretarle.

«La casa era dei cugini di mia madre e lui ne rimase folgorato fin dalla prima volta che la vide – racconta Marzia Sartelli passeggiando per la stanze piene della presenza di suo padre –. La comprarono e la ristrutturarono chiedendo consiglio all’architetto Zacchiroli di Bologna che gli fece fare il portico. A suggerirmi di accedere al bando per le case museo, a febbraio 2023, fu lo stesso assessore alla Cultura Mauro Felicori che incontrai in occasione di una mostra di mio padre alla Galleria De Foscherari».

La pratica dell’arte era la vita quotidiana di Germano, condivisa con la moglie fra queste mura; insieme acquistarono questa casa negli anni Settanta dai parenti di lei e, allontanatisi da Imola, ne fecero la loro abitazione dagli anni Novanta in poi. Le opere di Sartelli nascevano qui, fossero lamiere “ricamate” al flessibile, e prima ancora ragnatele, foglie, cortecce, nidi, come quello che gli uccelli continuano a costruire nei pezzi appesi da lui stesso ai muri. Arte viva, che continua a rinnovarsi anche ora nel frastuono estivo di cicale, tra i rami delle querce secolari o appena nate e le piantate di aceri di vigne antiche che ormai sono sparite. Qui gli uccelli e i ragni che già avevano “lavorato per lui” tengono vivo lo spirito del luogo costruendo nidi nei bidoni intagliati dall’artista o tessendo ragnatele fra le “arpe metalliche” che vibrano al vento. In questo luogo, fra questi alberi e la terra, negli spazi di questa casa, Sartelli ha trovato tutto quello che gli è servito per raccontare la sua idea di spazio, di mondo, di vita.

La casa sarà aperta, su prenotazione, almeno 60 giorni all’anno (scrivendo alla mail marziasartelli@yahoo.it); lo scopo sarà non solo mostrarla, ma farne un centro studi sull’artista.

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