Il maltempo e la Romagna fragile. Mercalli: "Meno cemento, meno rifiuti, meno consumi, la via è questa"

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Poco meno di un mese fa, il noto meteorologo e climatologo Luca Mercalli era in collegamento da remoto con una platea riunita al cinema Sarti di Faenza per parlare di cambiamenti climatici e difesa del suolo nel cuore della Romagna ferita dall’alluvione. Dopo l’ennesimo evento estremo, vale la pena girare a lui le domande che tutti i cittadini si fanno in queste ore. A cominciare da: perché qui? Succederà ancora? E c’è una relazione tra la posizione geografica e la morfologia del territorio e ciò che è accaduto nella Bassa Romagna tra Conselice, Voltana e Alfonsine? «Vedendo aumentare la frequenza di questi episodi, è difficile assorbire il colpo – spiega –. Ci auguriamo che non sia un segnale per il futuro ma un caso, ciò che conta è ora monitorare la frequenza degli eventi. Il maltempo ha attraversato un’ampia fascia dal Monferrato in Piemonte, a Milano, Mantova. E poi Padova, Treviso, la Romagna fino ai Balcani. Non esiste quindi una correlazione diretta con la posizione geografica, ma nelle zone alluvionate per chi vede il terzo evento estremo in poco tempo è difficile rialzare la testa. Il caso di Conselice è emblematico».


Frequenza

Se la posizione geografica e la morfologia della Romagna non sono elementi significativi, per Mercalli neanche l’enorme massa di precipitazioni e la presenza a lungo di acque alluvionali hanno avuto un ruolo. Allora tutta l’energia e gli sforzi devono andare a «chiarire il concetto di frequenza. Un episodio intenso ogni secolo o mezzo secolo ha un impatto. Se si ripete ogni 5-10 anni cambia moltissimo. In questo momento sappiamo solo che il riscaldamento globale aumenta la possibilità dei fenomeni in maniera puntiforme. Un anno di monitoraggio statistico da parte dei climatologi non basta, osserveremo via via se esiste questo aumento, che sembrerebbe percepirsi».


Cosa fare?

Mercalli guarda ai danni e ai costi provocati dal tornado e ricorda che l’agricoltura dovrà adattarsi ricominciando, a meno che le condizioni nel tempo cambino a tal punto da prevedere scelte strutturali. «Sappiamo che una grande città ha un capitale esposto più grande di zone isolate o meno abitate. Sappiamo che l’alterazione del clima dipende dall’aumento delle emissioni e che si tratta di un problema globale che non risolviamo da soli nel locale, ma questi episodi ci interrogano sui nostri comportamenti e sul ruolo che ciascuno può giocare». Il meteorologo torna a insistere allora su concetti descritti più volte. « Consumare meno, usare meno energie, produrre meno rifiuti e cementificazione. Se spreco, consumo e inquino ho aggiunto un peggioramento. Ognuno deve capire che è parte del problema, ma anche della soluzione».

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