Romagna mia a Sanremo, Mirko Casadei: “Un omaggio alla nostra terra e alla mia famiglia”
Amadeus chiama sul palco dell’Ariston Mirko Casadei. I 70 anni di “Romagna mia”, scritta dal prozio Secondo Casadei nel 1954, non potevano essere snobbati dal Festival della canzone italiana; raccontano di una canzone che da successo popolare è assurta a inno della Romagna prima e internazionale poi, cantata persino da papa Giovanni Paolo II nel 1986, inno sociale degli spalatori di fango nella Romagna alluvionata, citata dal presidente Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. Insomma, tante ragioni per cui “Il figlio del re” (Bompiani, 2022), come titola il libro scritto da Mirko con il cantautore Zibba, merita di unirsi alla giovane orchestra Santa Balera per intonare il “valzerino” che ha fatto esplodere la storia del liscio targato Casadei.
Mirko, finalmente al Festival di Sanremo!
«Mi ha chiamato Amadeus e mi ha invitato a cantare “Romagna mia” sul palco; mi ha reso felice perché racchiude un omaggio all’intera storia dei Casadei, a Secondo che l’ha scritta e l’ha fatta conoscere, a mio padre Raoul che l’ha lanciata in modo esplosivo in Italia e non solo, a me che adesso la porto avanti. Sul palco di Sanremo sono con i miei musicisti più rappresentativi, il mercatese Marco Lazzarini al sax e clarino, Stefano Giugliarelli (umbro che vive a Corciano) a chitarra e voce, la ravennate Valeria Magnani violino e voce. Faremo da chioccia alla performance dei giovani artisti dell’orchestra Santa Balera. Mentre i ballerini si esibiscono anche tra il pubblico, dando vita a una “balera Ariston”».
“Romagna mia” non ha bisogno di presentazioni; ma cosa significa cantarla a Sanremo?
«È un suggello ulteriore per questa canzone che rappresenta l’intero comparto del liscio, inno della Romagna, così come è stato un suggello la citazione di “Romagna mia” del nostro presidente della Repubblica, cantata mentre si spalava il fango. Ed è pure una colonna sonora allo stadio. Cantarla stasera in mondovisione la rende in qualche modo una canzone di tutti, più internazionale, un’occasione che la fa entrare nella storia del festival e della nostra musica tutta, non solo del liscio».
Per la sua orchestra è anche l’anniversario dei 50 anni (1974) di “La canta” di Raoul Casadei in gara al Festival di Sanremo; un valzer nel cui testo semplice si possono leggere temi attuali come era l’emigrazione di quando la scrisse e l’immigrazione di oggi («...partire vuol dire morire, morire con la voglia di cantare, per chi non ha più tempo di sognare...»).
«È un compleanno nel compleanno del nome Casadei. “La canta” parlava di coloro che andavano a cercare fortuna al nord e all’estero e ribadiva l’attaccamento alla terra, alle radici. I problemi in altra forma si stanno ripetendo, come pure il senso di appartenenza alla terra da cui si proviene e che si è costretti a lasciare. Virtù a cui agganciarci in questo nostro mondo globalizzato, per ritrovare i valori della nostra storia, dello stare insieme in condivisione. Raoul era bravo a fare trapelare messaggi. “La canta” è un valzerino dal testo quasi cantautorale con un velo di malinconia e tristezza; diffondere questo sentire tra i giovani è la cosa più bella».
L’orchestra Santa Balera è un’opportunità per giovani musicisti che riscoprono il liscio; anche lei, come prima Raoul, porta avanti progetti per le nuove generazioni?
«Stiamo lanciando il bando del 3° Premio Raoul Casadei istituito dopo la morte di mio padre, per giovani musicisti under 30; offre la possibilità di poter suonare il liscio facendone anche un mestiere. I selezionati al concorso suoneranno al Balamondo 2024. Il liscio è sempre stato una palestra per musicisti, Raoul era un talent scout; quando promuoveva questo concorso con le Edizioni Simpatia ha “scovato” musicisti come il tastierista Roberto Pagani e il violinista Pio Spiriti che, dopo aver suonato con l’Orchestra Casadei, sono da anni musicisti di Claudio Baglioni».
Che cosa penserebbero Secondo e Raoul Casadei di “Romagna mia” a Sanremo?
«Sento il loro orgoglio e la loro felicità, ovunque si trovino; significa ritrovare l’Orchestra Casadei, una storia che ha cominciato Secondo nel 1928, proseguita da Raoul, ora da noi. Cantare “Romagna mia” al festival è la vittoria più bella».