Riunioni fino a 5mila fedeli, i musulmani di Romagna chiedono spazio

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RIMINI. Sovraffollamento. Fedeli ammassati gli uni sugli altri. Spazi che non bastano più. Quella della moschea di corso Giovanni XXIII, a Rimini, è una problematica diffusa a macchia d’olio in tutta la Romagna. Anche il centro islamico di via Miserocchi a Ravenna e quello in via Masetti a Forlì strabordano di frequentatori di fede musulmana. I quali, specie in occasioni come la preghiera del venerdì o nelle settimane di Ramadan, fanno davvero fatica a “starci” tutti.

Le soluzioni? Cercare al più presto nuovi stabili che consentano ai centri islamici di respirare. Un po’ quello che sembrava star accadendo a Rimini, qualche settimana fa, quando era stata ventilata l’ipotesi di un trasferimento al grattacielo: l’edificio che, dalla fine degli anni Cinquanta, è il simbolo della città.

Il caso di Rimini

Prima una doverosa premessa. Mentre la moschea, spiega Hamza Soltani, segretario della moschea in zona Bassette a Ravenna, «è un luogo dove si fa esclusivamente preghiera, i centri islamici sono luoghi di aggregazione in cui sono presenti spazi per confrontarsi, educare e aiutare».

A Rimini, ormai da qualche anno, il centro di corso Giovanni XXIII versa in gravi difficoltà di sovraffollamento. Per questo, quando settimane fa il proprietario di un immobile collocato al primo piano rialzato del grattacielo, Giorgio Brondi, lo aveva proposto come soluzione al “problema moschea”, la questione era riemersa in tutta la sua urgenza. «Siamo interessati all’acquisto», spiegò Mohamed Hammar, rappresentante dei Giovani musulmani di Rimini. Non aveva fatto i conti, però, con le normative urbanistiche che impediscono, di fatto, il trasferimento della moschea nell’edificio di viale Principe Amedeo.

«Una soluzione impossibile - aveva subito frenato gli animi l’assessora all’Urbanistica, Roberta Frisoni -. I luoghi di culto possono insediarsi solo in edifici nei quali non siano presenti altri tipi d’uso». Tradotto: addio al sogno di una moschea più grande per i fedeli. I quali, stipati nello stabile di Borgo Marina, sono ancora alla ricerca di uno spazio che consenta loro di ampliarsi.

Qui Forlì

«La moschea? È un problema ovunque. Siamo in migliaia e stiamo stretti». A parlare è Mohamed Ballouk, presidente della sede di via Masetti a Forlì. Acquisito nel 2008 ed inaugurato nel 2017, previo completamento dei lavori necessari per trasformare la destinazione d’uso del capannone e renderlo a norma, oggi il centro islamico non riesce più ad ospitare i fedeli. «Il 16 giugno scorso abbiamo fatto una preghiera ed eravamo in 5mila - spiega -. All’inizio pensavamo che il capannone fosse grande, ma la comunità è cresciuta. Non ci stiamo, specie nel periodo del Ramadan». Una soluzione, sebbene ancora distante dal realizzarsi, potrebbe esserci. «Adiacente alla struttura c’è un terreno da 9mila metri quadrati - prosegue Ballouk -. Vorremmo chiedere al Comune di variare la destinazione d’uso da urbanistica a privata. Sicuramente servirà sentire anche la Provincia. Ci vorrà tempo».

Qui Ravenna

A Ravenna, anche il centro culturale islamico di via Miserocchi necessita di allargare gli spazi.

«Arrivano persone da diverse parti, soprattutto il venerdì - spiega il tesoriere Mustafa Uddin -. I soci della moschea sono una cinquantina, ma i fedeli superano i 300». Nonostante qualche soluzione sia già stata adottata, alla fine i risultati sperati non sono arrivati. «Abbiamo pensato di istituire due momenti di preghiera il venerdì: alle 13 e alle 13.30 - prosegue -. Purtroppo la situazione non è migliorata, perché molte persone alle 14 lavorano e non riescono a partecipare alla funzione delle 13.30». In passato, un tentativo di allargare gli spazi era già stato fatto con un capannone sito in via Trieste, molto vicino alla sede dell’attuale moschea. Un buco nell’acqua: «Dovevamo presentare il progetto al Comune, poi arrivò il covid e il capannone venne venduto ad altri acquirenti». La caccia al tesoro di una nuova sede, ciò nonostante, continua. «Stiamo sentendo agenzie immobiliari e ci muoviamo tramite internet - conclude Uddin -. Per ora non abbiamo chiesto aiuto all’Amministrazione, ma se servirà lo faremo».

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