Rimini. Sposa bambina picchiata dal marito e violentata da suocero e cognato: arrestato il consorte 36enne

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Si era sposata poco più che adolescente contro la sua volontà, venduta come moglie in un matrimonio combinato in Bangladesh. Nel Paese di origine, il marito la lasciava sola ogni estate per venire a lavorare a Rimini nel bazar di famiglia. Un anno e mezzo fa, però, l’uomo le aveva chiesto di raggiungerla in Italia con i figli più piccoli di 10 e 2 anni, mentre il più grande di 13 era già col padre, per vivere insieme stabilmente. Quando era arrivata a Rimini si era però resa conto della drammatica situazione in cui era finita. Una vita ben peggiore di quella che aveva lasciato in Bangladesh. Il marito infatti l’aveva costretta a condividere un piccolo appartamento con 16 persone alle quali doveva provvedere in ogni necessità. Una schiava, insultata e bastonata, violentata e seviziata. E’ un racconto dell’orrore quello che questa donna ha fatto tra le lacrime alle volontarie di “Rompi il silenzio” e che è diventato una denuncia circostanziata alla Squadra mobile della Questura di Rimini. Il marito, 36 anni, nato in Bangladesh e residente a Rimini da 15 anni, è stato arrestato dalla polizia di Stato, coordinata dal sostituto procuratore Davide Ercolani. Il 36enne, in esecuzione di un’ordinanza del gip Raffaele Deflorio, si trova ora in carcere ai Casetti. Violentata dal suocero e dal cognato, bastonata dalla suocera, presa a cinghiate dal marito che le urlava in faccia «sei brutta, se non ti ammazzo qui lo faccio in Bangladesh», la donna la scorsa primavera è riuscita a chiedere aiuto dopo che il 118 le aveva medicato alcune ferite. E’ successo verso metà di maggio quando un’ambulanza e le forze dell’ordine erano state allertate da alcuni vicini che avevano sentito della urla strazianti arrivare dal domicilio della coppia. Portata in ospedale, la donna si era confidata con infermiere e volontarie chiedendo di essere portata in un’altra casa con i due figli piccoli. E così, per un periodo, aveva trovato rifugio in un alloggio che era stata costretta a lasciare per far andare a scuola il figlio di 13 anni. Convinta a tornare a casa dal ragazzino, era stata accolta a cinghiate dal marito che l’aveva minacciata di non farla più uscire di casa e toglierle i documenti. Trascorsi alcuni giorni con il marito e altri parenti, dopo aver capito che la sua vita non sarebbe più cambiata, ha raccolto tutto il coraggio che aveva e ha telefonato al centro Rompi il silenzio. «Venite a prendermi, mio marito ha detto che mi ammazzerà in Bangladesh», ha urlato al telefono. La donna ora è in una struttura protetta con i suoi figli.

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