Rimini. Niente pistola al poliziotto epilettico «È un pericolo per sé e per gli altri»
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Dopo la diagnosi di epilessia era stato destinato agli uffici della Questura di Rimini per svolgere mansioni civili, anche se il suo desiderio era tornare in servizio, a fianco dei colleghi poliziotti che ogni giorno scendono in strada con la pistola nella fondina. Ma, per il ministero dell’Interno, con l’arma di ordinanza a portata di mano può rappresentare un «rischio per sé e per gli altri» proprio in ragione della sua predisposizione a sviluppare crisi epilettiche. È la vicenda che ha portato un dipendente della Polizia di Stato, tutelato dagli avvocati Sebastiano Russo e Silvia Caradonna, a fare ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dei provvedimenti che gli avevano negato la riammissione in servizio «nei ruoli militari»: il Tribunale ha però respinto le sue argomentazioni, ritenendo legittime le valutazioni circa l’inidoneità al servizio.
La diagnosi
Per risalire alle origini del contenzioso bisogna tornare al 2010, anno in cui viene appunto «accertata l’inidoneità permanente al servizio» dell’agente, sulla base di una diagnosi medica che rileva una «lesione cerebrale cortico-sottocorticale ad eziologia sconosciuta» e «crisi epilettiche generalizzate». L’uomo è stato quindi assegnato alla Questura di Rimini con «ruoli civili», ma nel 2017 la commissione medica del Dipartimento militare di medicina legale di Padova lo ha giudicato «idoneo al servizio nei corrispondenti ruoli tecnici della Polizia di Stato», motivo per il quale è stato chiesto al Viminale un passo indietro. Ma in risposta è arrivata una doccia fredda, con il Ministero che ha evidenziato come «la negativizzazione del quadro radiologico della lesione non sia un indicatore certo della scomparsa della malattia, che peraltro non è stata inquadrata dal punto di vista eziopatologico». Insomma, «in considerazione della mansione prevista dal ruolo che il dipendente andrebbe nuovamente a ricoprire, permarrebbe il rischio per sé e per gli altri relativo alla detenzione dell’armamento individuale».
Il parere dei giudici
Sono queste le valutazioni ministeriali contestate nel ricorso degli avvocati Russo e Caradonna, ma secondo il Tar «il giudizio - si legge nella sentenza di questi giorni - appare razionale e logico», anche perché non è stata impugnata la diagnosi che cataloga l’invalidità «come permanente». Ne deriva, osserva il magistrato estensore Mara Bertagnolli concordando con il Viminale, un quadro clinico che non può andare d’accordo con il lavoro di un poliziotto, in quanto «è scientificamente acclarato che i soggetti predisposti a tale patologia possono sviluppare una crisi epilettica quando sottoposti a stress emotivo, deprivazione del sonno o sonno irregolare, esposizione a luci intermittenti (come, per esempio, la luce stroboscopica dei lampeggianti) o ad alcuni rumori particolari (come la sirena bitonale)». Vale a dire tutte quelle «condizioni che ricorrono abitualmente nello svolgimento delle mansioni affidate al personale militare»: troppi i fattori «che potrebbero mettere in pericolo sia l’operatore stesso che i terzi», e dunque «l’esclusione dell’interesse pubblico alla riassunzione nei ruoli militari» risulta legittima.