Rimini. Mucillagine sui fondali, pescatori di posta e vongolari restano in porto

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«Le mucillagini sono sparite dalla superficie del mare, ma si sono depositate sul fondo. Obbligando la piccola pesca a fermarsi». Risolto un problema, ecco presentarsene subito un altro. Denunciato, con altrettanta preoccupazione del precedente, dalla Cooperativa pescatori di Rimini. «Se la pesca a strascico può, comunque, svolgere la sua attività, seppur tra mille difficoltà e poco pesce nelle reti, quella di posta no - spiega il direttore Massimo Pesaresi -. Perché ha dovuto lasciare le barche ormeggiate in porto e smettere di lavorare. E sarà così per almeno un paio di settimane». Il tempo necessario perché la massa gelatinosa si dissolva anche sul fondo. Quella stessa massa gelatinosa che, se non è dannosa per la salute dell’uomo, come ricordato più volte, in questi giorni, dai biologi marini, lo è invece per l’economia del comparto pesca. Rappresentato, in questo caso, da 30 imprese pescherecce e 50 lavoratori. «Da venerdì – conferma Pesaresi – le reti di posta fisse, lanciate il giorno prima al largo, vengono ritirate cariche di alghe. Neanche l’ombra di un pesce. Da qui la decisione di interrompere l’attività per una quindicina di giorni».

Decisione, questa, già presa, tra l’altro, dai vongolari riminesi. «Loro, 36 barche per una settantina di marinai, sono fermi in porto dal 1° luglio – sottolinea Pesaresi – e riprenderanno servizio non prima dell’1° agosto». Da qui la nuova richiesta alla Regione di attivarsi col Ministero per un fermo pesca anticipato. «E’ quello che chiediamo da settimane – ricorda il direttore della Cooperativa -. Senza ancora ottenere risposta. Ci era stato annunciato dall’assessore un incontro a breve, ma ancora non sappiamo per quando. Comunque, noi continuiamo a chiedere alla Regione che la pesca si fermi prima del 31 luglio, come fissato attualmente dal governo, per riprendere regolarmente il 16 settembre. E poi che vengano stanziati dei fondi a favore delle imprese pescherecce e che sia attivata la cassa integrazione per i lavoratori».

Intanto, con le mucillagini si è verificato, in questi giorni, anche un calo del quantitativo di pescato presente sui banconi del mercato coperto. «Con l’automatico aumento del prezzo di qualche euro al chilo», precisa Pasquale D’Orsi, commerciante di pesce nella struttura di via Castelfidardo e pescatore insieme al fratello. «Da quando sono arrivate la alghe – spiega D’Orsi – il nostro lavoro si è complicato. E non poco. In primis perché la loro presenza ci costringe a mettere al massimo i motori e, quindi, a surriscaldarli, per ritirare le reti. E poi perché, giorno dopo giorno, vediamo calare il quantitativo di sgombri, calamari, gamberi, canocchie, vongole, presenti sui tavoli-vendita».

Con le conseguenti lamentele della clientela. «Certo – conferma il commerciante – la gente viene e magari non trova un certo tipo di pesce. Oppure, cosa ancora più antipatica, lo trova ad un prezzo più caro. Posso dire che da quando è scoppiato il fenomeno mucillagini i prezzi sono lievitati di almeno 4 euro al chilo». Per arrivare così a toccare, precisa D’Orso, «25 euro al chilo le canocchie, 30 euro i calamari, 25 euro i gamberi, 15 euro gli sgombri». Difficoltà su difficoltà quindi. «Da un lato, infatti, ci sono le reti da ritirare, con un consumo di carburante maggiore per via dei motori sotto sforzo - stigmatizza il pescatore -, dall’altro il calo del prodotto ittico e, di conseguenza, il danno economico».

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