Rimini. Manifesti anti aborto, lo scontro legale va avanti

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Scontro legale a oltranza sui manifesti anti aborto negati dalla giunta all’Associazione Pro Vita e Famiglia Onlus: approda così ufficialmente a un nuovo capitolo - forse quello conclusivo - una vicenda inauguratasi a fine 2020, con il diniego dell’amministrazione all’affissione dei messaggi in cui si paragonava la pillola abortiva Ru 486 a «un veleno». L’atto della giunta fu impugnato dai Pro Vita davanti al Tar, che però nel 2022 ha dato ragione al Comune, riconoscendo che la delibera «in alcun modo risulta violare la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dalla Carta Costituzionale e dalla giurisprudenza Cedu, limitandosi a non consentire l’affissione di manifesti il cui contenuto risultava oggettivamente non veritiero e suscettibile di condizionare in modo fuorviante e ingannevole (equiparandolo ad un veleno) l’utilizzo di un farmaco regolarmente approvato dalle competenti autorità sanitarie». Una sentenza, quella emessa dal Tribunale amministrativo regionale, che non è andata giù all’associazione, che ha deciso di portarla in Consiglio di Stato chiedendone la revisione.

La posizione del Comune

Dal canto suo Palazzo Garampi non molla la presa su una questione che ritiene di principio e si prepara al nuovo scontro in tribunale: proprio in questi giorni, con l’avvicinarsi dell’udienza a Roma, la giunta ha approvato una delibera con cui si stabilisce di resistere nel ricorso in appello nominando quale legale difensore l’avvocata Elena Fabbri. Anche perché da quella richiesta di affiggere i manifesti della discordia saranno passati anni, ma nel frattempo i Pro Vita non hanno mancato di tappezzare i muri con nuovi messaggi ritenuti «fuorvianti» dall’amministrazione, come nel caso del manifesto “Stop gender” con il bambino a cui veniva piazzato un fiocco rosa in testa. Al netto delle questioni legali di cui si dibatterà di fronte al Consiglio di Stato, secondo la vicesindaca Chiara Bellini la vicenda dei cartelli anti-aborto è sintomatica di un «atteggiamento giudicante» da parte dell’associazione: «Tutto quello che va nella direzione di mettere in difficoltà una donna mentre prende una decisione per la sua vita e sul suo corpo per me non è accettabile - sottolinea la vicesindaca -. Le donne vanno sempre lasciate libere di decidere, c’è una legge che ci tutela in questo senso. Bisognerebbe agire a livello formativo con l’educazione ai sentimenti e alle emozioni. Ma servirebbe anche l’educazione sessuale a scuola».

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