Rimini. Le mani dell’ndrangheta sul turismo, prime quattro condanne in abbreviato
Era il 2021 e la Riviera aveva scoperto di avere nel suo tessuto economico e sociale un gruppo di imprenditori calabresi che si spacciava come affiliato alla ’ndrangheta, che usava prestanomi, non pagava i dipendenti e rispondeva con le minacce alle rimostranze degli impiegati. Dopo poco più di due anni sono arrivate le prime condanne che vanno da un massimo di tre anni a un minimo di 1, oltre a 4 rinvii a giudizio come chiesto dal pubblico ministero Luca Bertuzzi.
La Guardia di Finanza aveva sequestrato un milione e mezzo di euro tra quote societarie e conti correnti, cinque persone erano finite agli arresti domiciliari e altre tre con obblighi di firma. Gli indagati erano stati 8 in totale (difesi dagli avvocati Giuliano Renzi, Alessandro Guidotti, Gilberto Gianni, Alessandro Cornacchia, Cristian Guidi, Carlotta Angelini e Leanne Arceci), quattro di questi condannati in abbreviato e gli altri rinviati a giudizio davanti al Tribunale collegiale di Rimini il prossimo 11 febbraio. Le condanne sono state di 3 anni, 1 mese e 10 giorni, tre anni e nove mesi (per due imputati) e un anno e 9 mesi. Per due dei quattro condannati è scattata anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
I finanzieri del Comando provinciale di Rimini, avevano denominato l’operazione “Popilia” e si erano concentrati sulle attività di un gruppo di imprenditori di origine calabrese in Romagna. Proprio a Rimini, tra il 2018 e il 2021, i calabresi avevano gestito un hotel e un chiringuito sulla spiaggia di Viserba fino a quando un dipendente vessato e non pagato aveva avuto il coraggio di denunciare. Era quindi partita un’indagine minuziosa per reati come estorsione, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di un’arma comune da sparo, una calibro 7,65 e intestazione fittizia di beni. La Finanza aveva anche scoperto che la pistola era stata usata per minacciare il dipendente del bar sulla spiaggia e il proprietario dei muri dell’hotel di Viserba che chiedeva il pagamento dell’affitto dell’immobile. Era scattato quindi anche il sequestro preventivo delle quote sociali e dei beni aziendali di ben 6 società, fittiziamente intestate a un prestanome (che risulta tra gli indagati), operanti nelle province di Rimini, Forlì-Cesena e Siena nel settore turistico ricettivo e in quello collegato degli allestimenti fieristici. Negli anni il gruppo aveva gestito hotel a Chianciano Terme, Castrocaro, Cesenatico, San Mauro Mare e a Rimini.