Rimini. Ipnosi e masturbazione in psicoterapia . «Ha approfittato della sua paziente»

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Lo psicoterapeuta «sapeva che stava spacciando atti sessuali come atti di natura terapeutica nel chiaro intento di approfittare della paziente, facendo leva sulla sua condizione di inferiorità psico-fisica»: così il giudice estensore Luca Gessaroli nella motivazione della sentenza con cui nello scorso ottobre il collegio penale (presieduto da Adriana Cosenza) ha condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione uno psicologo 55enne originario di Vibo Valentia e da anni residente a Rimini.

I fatti contestati

L’uomo era accusato di violenza sessuale ai danni di una sua giovane paziente, oggi 25enne, che nel novembre del 2019 si era rivolta lui per risolvere i propri problemi relazionali con l’altro sesso. Sotto la lente dei giudici sono finite in particolare due sedute, quelle del 19 e del 26 novembre 2019, nel corso delle quali la ragazza, sottoposta a tecniche quali ipnosi, respirazione circolare e digitopressione, è finita per masturbare se stessa e il terapeuta, che a sua volta l’avrebbe toccata e indotta a un rapporto orale.

Un episodio, quest’ultimo, che, una volta realizzato dalla vittima nella sua reale entità, l’ha portata a sporgere denuncia in questura. Il collegio penale, al termine di un dibattimento che ha visto intervenire i consulenti tecnici delle parti in merito a complesse questioni di transfert psicologico, tecniche terapeutiche e letteratura psicanalitica in ambito sessuale, ha stabilito che il racconto della 25enne risulta pienamente «credibile», a differenza di quello di chi l’avrebbe dovuta tutelare. Il primo passo è consistito nell’inquadrare la personalità della vittima, definita dagli esperti come «borderline», che avrebbe vissuto «una condizione di transfert erotizzato, e dunque di estrema vulnerabilità psichica, verso l’imputato», il quale quindi «ha approfittato in maniera diretta e consapevole di tale sua condizione». Un contesto, peraltro, nel quale anche il ricorso a ipnosi e altre pratiche di psicologia analogica e olistica sarebbe stato solamente un sotterfugio per ottenere prestazioni sessuali, spacciando «sotto il velo di tecniche mediche - si legge nella motivazione - ciò che in realtà era solo il suo tentativo di raggiungere l’appagamento del desiderio».

«Sblocchi emotivi»

D’altronde, in tribunale tutti i consulenti sono stati chiari: «Non esiste alcun protocollo di psicoterapia che prevede forme di masturbazione del paziente su sé stesso al fine di raggiungere sblocchi emotivi». «Sblocchi emotivi» che invece, a sentire la versione del 55enne, sarebbero stati il vero fine di quegli atti sessuali. Invece, secondo il collegio penale che lo ha condannato in primo grado, «ha contrabbandato, pressoché da subito, mire di natura esclusivamente sessuale sotto le mentite spoglie di una terapia», approfittando della fragilità di chi si era fidata di lui.

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