Rimini. Buttafuori condannato per l’omicidio di Giuseppe Tucci, causa civile milionaria per il locale dove lavorava

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Sarà una causa civile milionaria quella che si aprirà a settembre per la morte del vigile del fuoco Giuseppe Tucci, 34 anni di Foggia, aggredito a pugni dal buttafuori della discoteca Frontemare di Rimini, nel giugno del 2023. Cinque le parti civili: il babbo, la mamma e la sorella, rappresentate dall’avvocato Marco Ditroia, il figlio minore e la ex compagna. Per ognuna delle parti in causa la richiesta dalla quale si parte è di 400mila euro, cifra che lo stesso giudice di primo grado ha liquidato in sede penale per il padre, unica parte civile costituita nel procedimento davanti al gup. Mamma e sorella infatti hanno preferito la sede civile citando appunto la discoteca dove lavorava il buttafuori che colpì a morte Tucci. Il Frontemare, per il quale è stato dato mandato agli avvocati Francesco Pisciotti e Giovanni Marcolini, intanto ha dato scarico all’assicurazione del locale per cui anche l’agenzia di riferimento sarà citata in giudizio. Per quanto riguarda invece il processo penale, non è chiaro se ci sarà appello nei confronti della sentenza del gup Vinicio Cantarini che ha condannato a 12 anni di reclusione Klajdi Mjeshtri, 28 anni, di origine albanese, il buttafuori che colpì Tucci a mano nude. Il pm Davide Ercolani aveva chiesto una condanna a 20 anni di carcere. Mjeshtri, difeso dagli avvocati Massimiliano Orrù e Piero Ippoliti, probabilmente non farà appello mentre i genitori di Tucci non hanno ancora deciso se affrontare o meno il secondo grado di giudizio. Intanto il buttafuori è detenuto in carcere a Rimini dal 12 giugno 2023, giorno della morte, sopraggiunta in ospedale, di Tucci. Quando fu colpito dal buttafuori «l’assenza di grossolana lesività contusiva con particolare riguardo alla superficie dorsale e ventrale di mani e avambracci della vittima, dimostrava come la vittima non avesse posto in essere alcuna azione né offensiva né difensiva», si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna. «La vittima - scrive il giudice - al momento degli eventi, più in specifico all’ingresso in Pronto Soccorso, era in stato di intossicazione alcolica pari a 0,97 g/l (...) e l’azione violenta ha attinto il Tucci in corrispondenza della regione laterale del capo con prevalenza del lato sinistro sul destro». In una motivazione lunga 50 pagine, il giudice mette in fila una serie di considerazioni che partono dalla ricostruzione dei fatti, dalle testimonianze e dai riscontri medico scientifici. Su tali basi «rende fondata ed accoglibile la tesi difensiva - scrive il gup - della derubricazione dell’omicidio volontario aggravato contestato all’imputato nella fattispecie dell’omicidio preterintenzionale». Una conclusione che, all’indomani della sentenza, aveva prodotto le reazioni da parte della famiglia del vigile del fuoco, ma che il giudice spiega «non tramite il ricorso ad argomentazioni solo apparentemente logiche», ma in diritto, «con l’esame di una rassegna giurisprudenziale formatasi nell’ultimo ventennio su casi analoghi a quello a processo - morti da percosse e lesioni cagionate a mani nude - che conferma la suddetta della fattispecie dell’omicidio preterintenzionale». Sulla base dei riscontri scientifici e sulle testimonianze, per il giudice Mjeshtri non poteva prevedere che dalle sue azioni sarebbe scaturita la morte di Tucci.

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