I postini non consegnano gli atti giudiziari, la Corte d’Appello di Bologna tira le orecchie a Poste italiane

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  • 22 aprile 2025

BOLOGNA. Sonora tirata d’orecchie a Poste italiane da parte della Corte d’Appello di Bologna. Che ha inviato un richiamo formale alla società perché «negli ultimi sei mesi abbiamo riscontrato numerosi disservizi sia di mancato recapito di raccomandata giudiziaria, nonché di mancato recapito delle raccomandate ordinarie di restituzione degli atti giudiziari notificati agli avvocati fuori foro». In buona sostanza, si legge nella lettera inviata dalla Corte d’Appello, «abbiamo rilevato che spesso i portalettere non consegnano le raccomandate al destinatario e appongono impropriamente sulla cartolina di ricevimento o sulla busta che il destinatario risulta ‘sconosciuto’, quando in realtà l’indirizzo di recapito risulta corretto e il destinatario non è irreperibile». In seconda battuta, infatti, è capitato che lo stesso ufficiale giudiziario riuscisse a notificare «a mani proprie, rilevando l’impropria dichiarazione effettuata dal portalettere».

Nello specifico, rimarcano gli uffici giudiziari di Bologna, rispetto alle raccomandate ordinarie «ci risulta che il nominativo dell’avvocato o la denominazione dello studio sia regolarmente presente sulle tastiere citofoniche e sulle cassette postali e in alcuni casi addirittura risulti presente l’insegna di metallo contente gli estremi dei destinatari». Alcuni plichi vengono restituiti «senza alcuna indicazione, con il semplice timbro “al mittente”», mentre altri «recano la dicitura ‘compiuta giacenza’, ma gli avvocati affermano di non aver ricevuto in buchetta alcun avviso. Altri addirittura riportano erroneamente la dicitura ‘rifiutato’». Per quel che attiene invece «la notifica degli avvisi di deposito presso la casa comunale ad opera dell’ufficiale giudiziario, i portalettere appongono sull’avviso di ricevimento che il destinatario è sconosciuto all’indirizzo».

La Corte d’Appello di Bologna ricorda però a Poste italiane che i casi di irreperibilità del destinatario sono ben definite dalla legge. Inoltre, a causa di questi problemi di consegna, «la notifica risulta viziata e quindi l’iter è tutto da iniziare nuovamente». Di fatto, segnalano gli uffici giudiziari, «l’attuale situazione comporta un notevole disagio per gli avvocati che, per evitare opposizioni, rischiano di prolungare i tempi del procedimento, rinotificando l’atto con la speranza che l’ufficiale giudiziario trovi qualcuno in casa. Purtroppo, il più delle volte l’esito è negativo e l’atto non si perfeziona per lo stesso motivo riscontrato nella prima notifica, salvo che l’ufficiale giudiziario dopo vari appostamenti riesce a notificare l’atto a mani proprie».

La Corte d’Appello ci tiene quindi a far presente a Poste italiane che «è tenuta ad adempiere a quanto previsto contrattualmente, operando con normale diligenza, comprovando che l’eventuale inadempimento sia stato determinato da una reale impossibilità della prestazione derivante da causa ad essa non imputabile. A maggior ragione tale diligenza deve essere osservata quando oggetto della prestazione sono gli atti giudiziari, che contengono documenti rilevanti, la cui omessa o ritardata consegna può portare a conseguenze giuridiche importanti». In queste circostanze, tra l’altro, il postino «agisce quale pubblico ufficiale e la sua attività è coperta da pubblica fede». Per questo è «tenuto all’osservanza di rigide formalità, anche in punto di individuazione del destinatario dell’atto». Inoltre l’avviso di ricevimento «costituisce parte integrante» della notifica dell’atto. La Corte d’Appello di Bologna invita dunque Poste italiane a «prendere i necessari provvedimenti per la risoluzione del problema».

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