Rimini. La paura dei giovani a uscire la sera «In discoteca risse e accoltellamenti. Spesso preferiamo vederci in casa»

Home

«Io, come molti ragazzi e ragazze, non mi sento sicura. Anche se vedo un sacco di carabinieri e di polizia, in certi luoghi, come le Cantinette, non ci vado perché penso che da un momento all’altro potrebbe partire una rissa o scattare un accoltellamento. Siamo consapevoli che per un nonnulla qualcuno potrebbe dare in escandescenze. E oltretutto tra i ragazzi adesso va “di moda” uscire con i coltellini in tasca. E’ brutto dirlo ma è così: credo lo facciano per sentirsi grandi, per dimostrare che valgono».

Gaia ha 18 anni, è una ragazza riminese che frequenta il liceo, intenta a bilanciare il bisogno e il desiderio di socialità con la necessità di mantenere alcune accortezze, «per evitare - spiega - di ritrovarsi in brutte situazioni».

Gaia, le è capitato di avere paura?

«Sì, almeno un paio di volte. La peggiore esperienza mi è successa due anni fa. Era novembre, intorno alle 19, appena scesa dal Metromare a Miramare. Stavo camminando e ho visto due uomini di circa 40 anni che si avvicinavano portando il monopattino a mano. Quando mi hanno vista ci sono saliti sopra e hanno iniziato a seguirmi. Erano vicini, a circa 2 metri, io cercavo di seminarli ma mi continuavano a seguire, poi quando sono andata sulla strada principale mi hanno raggiunta. Mi hanno chiesto quanti anni avevo, se volevo uscire con loro. Io non ho risposto e sono corsa dall’altra parte della strada. Mi sono messa a correre e poi per fortuna non li ho più visti. Mi sono spaventata molto, perché ero sola ed era già buio.

L’anno scorso invece mi ero seduta su una panchina al Parco del mare, verso le 21, aspettavo che mia mamma mi venisse a prendere in macchina e si è avvicinato un uomo, di circa 50 anni, che si è seduto sulla panchina, chiedendomi quanti anni avevo, come mi chiamavo e numero di telefono. Io non sapevo come rispondere ma non gli ho detto nulla. Mi sono alzata e spostata. Ha continuato a fissarmi finché non è arrivata mia mamma.

Nel 2023, invece, vicino al Nettuno, ho assistito alla scena di un ragazzo sui 20 anni, africano, che minacciava tutti con un coltello di 20 centimetri in mano. Io ero lì a un passo da lui. La polizia è arrivata subito, gli hanno preso il coltello, l’hanno immobilizzato pancia a terra e portato in macchia. Mi ha impressionato molto.

Questi sono episodi a cui ho assistito in prima persona. I miei amici ne hanno visti o vissuti altri e ci confrontiamo su quello che accade. Ad esempio, il ragazzo accoltellato a marzo dell’anno scorso è un nostro conoscente».

Voi ragazzi sapete per certo che alcuni vostri coetanei escono di casa con il coltellino in tasca?

«Sì, lo fanno, secondo noi, perché averlo dà loro un potere in più, vogliono sfidare i più grandi. Spesso cercano lo scontro in discoteca, ragion per cui diversi locali li evitiamo. A volte minacciano per rubare le collanine d’oro, i cellulari, altre volte solo per dare prova del loro potere.

Una mia amica, invece, è capitata in mezzo a una “lotta fra tavoli” in discoteca, dove un ragazzo ha spruzzato lo spray al peperoncino e la gente, tra cui lei, è stata malissimo».

Secondo voi da cosa scaturisce questa violenza diffusa?

«E’ difficile dare una risposta, ne parlo spesso anche con mia mamma. Ma secondo me non è vero che i ragazzi sono inclusivi, nonostante l’impegno dei professori di imporre l’inclusività a scuola, spesso si vede che gli stranieri si aggregano tra di loro, venendo invece esclusi dalla maggioranza. Per le ragazze, se loro stesse vogliono, è più facile, vengono accettate di più, mentre i maschi tra di loro sono più escludenti. Lo stesso avviene tra etero e omosessuali, i ragazzi tendono a mantenere una barriera. Forse è anche colpa della politica: molti tra di noi si identificano nelle idee di destra. E questo porta gli stranieri a volersi “difendere”: si sentono emarginati e vogliono farsi vedere, mettersi in mostra e dimostrare che valgono.

Credo che in parte dipenda anche dalle scarse attenzioni delle famiglie o dei professori, anche se spesso questi ragazzi vanno a scuola ma è come se non ci andassero. E a volte i genitori, soprattutto di quelli più piccoli, non hanno idea di quello che fanno i figli. Ad esempio, che escono con i coltellini in tasca. Magari perché non sospettano».

I social hanno un ruolo?

«Non c’entrano nulla, secondo me. E’ un fatto sociale. Se non per la musica. Vanno di moda cantanti come Baby gang, Shiva, tutti artisti che parlano di strada, droga, armi».

Questa situazione che impatto ha avuto sulle vostre abitudini, sulla vostra socialità?

«Certi posti, tipo le Cantinette per fare un esempio, li evitiamo. Andiamo al Bowling, al Bingo o al casinò a San Marino, che è un posto tranquillo in cui ci si diverte, allo Shooters, in pub come il Rose and crown o il Lord Nelson. In discoteca andiamo raramente, soprattutto d’inverno, e puntiamo alle feste over 18, perché quelle per ragazzi più piccoli sono più pericolose. D’estate andiamo a Riccione, anche se ci sono luoghi non tranquillissimi, o al Becky bay a Iega Marina. Ma spesso, principalmente d’inverno, ci vediamo a casa tra di noi per fare giochi di società e giocare a carte. Prendiamo da mangiare e da bere e beviamo a casa tra di noi, restando a volte a dormire tutti insieme, come un pigiama party».

Rispetto alla percezione del pericolo, ha notato differenze tra maschi e femmine?

«I maschi? Loro in generale sono molto più tranquilli e io, che ho tanti amici maschi, mi sento più serena a uscire con loro. Io e le mie amiche tendiamo ad andare in posti ben selezionati e ci accompagniamo a vicenda alle macchine o dai genitori che ci vengono a prendere. Io lo faccio anche se poi resto sola, per non abbandonare le mie amiche. Anche se poi puntualmente ho paura a tornare, da sola a mia volta, al mio scooter».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui