Da Rimini a Los Angeles, Chef Angelini: “Prezzi alle stelle anche senza dazi, qui un risotto può costare anche 45 dollari”

Rimini

«Siamo molto preoccupati, non sappiamo come si evolverà la situazione e già nell’ultimo anno ci sono stati rincari pesantissimi, anche del 40%». I più colpiti, naturalmente, spiega Gino Angelini, chef riminese trapiantato a Los Angeles da ormai 30 anni, «sono i prodotti di importazione, tra cui vino, olio, pomodori pelati». Le basi della cucina italiana riprodotta in America potrebbero quindi scricchiolare sotto il peso dei dazi introdotti dal presidente Donald Trump, accrescendo ancora di più le difficoltà di approvvigionamento che già da alcuni anni, «dal Covid in poi», hanno appesantito l’economia di scala, a tutti i livelli.

Chef Angelini, come state affrontando questo momento?

«Los Angeles negli ultimi anni è diventata cara ammazzata, da quando ci sono stati gli incendi ancora di più. I prezzi di tutto, dagli affitti alle materie prime, sono cresciuti moltissimo, e di conseguenza anche i costi del personale, che adesso sotto i 20 dollari all’ora non può scendere. Fino a dieci anni fa 6 dollari erano sufficienti: ma non li biasimo, già con una paga di 20 dollari all’ora è difficilissimo vivere a Los Angeles. E va considerato che in America serve molta più manodopera, perché generalmente i dipendenti non sono così efficienti come in Italia, sono abituati a ritmi diversi, non puoi aspettarti le stesse prestazioni e devi per forza assumerne di più. Noi siamo fortunati, abbiamo camerieri italiani in sala e lo stesso vale per i cuochi. Io cucino ancora, ma avendo 72 anni, non reggo più i ritmi di una volta».

Quanto costa mediamente una cena per due persone nel suo locale, la Angelini Osteria?

«Per una cena con due piatti a testa e del vino di buona qualità non meno di 100 dollari a testa. A cui va aggiunto un 10% di tasse e il 20% di mancia per i camerieri, quindi 130 dollari, 260 totale. Da considerare che un primo o un risotto col pesce può costare anche 40 - 45 dollari. Chiaramente prendendo pizza o insalata si spende meno, ma qui ci sono ancora molti ricchi, persone che ci tengono a ordinare bottiglie di vino di qualità, italiane, e sfoggiarle sul tavolo»

Il vino è molto caro?

«Sì, ha prezzi che possono diventare proibitivi. Una bottiglia di importazione, che all’ingrosso può costare anche 70 - 80 dollari, viene venduta anche a 300. E ci sono ancora molte persone che le comprano, anche se negli ultimi periodi stiamo vendendo molti più vini al calice che non in bottiglia, sicuramente per colpa dei prezzi che non tutti possono permettersi».

Come vi siete regolati con gli aumenti generalizzati?

«La scorsa estate abbiamo dovuto aumentare i prezzi del 25%, che può sembrare tanto, ma bisogna considerare che solo per acquistare le verdure fresche spendiamo tra i 1000 e i 1.500 dollari a settimana e fino a 5 anni fa ne bastavano 600. I pomodori poi, ad esempio, li importiamo dall’Italia e anche quelli sono costosissimi, la carne utilizziamo anche quella americana, che è molto buona, ma è cresciuta molto anche quella. Anche il pesce ha costi altissimi: ad esempio, i gamberi di Santa Barbara vengono 45 dollari per 454 grammi, e la stessa grammatura di ricci di mare costa tra i 60 e i 70 dollari e ci fai solo 4 piatti di pasta. In generale, pasta, prosciutti, parmigiano, formaggi, vini, carne, pesci di importazione sono aumentati molto. Per ora noi andiamo avanti con le nostre riserve: abbiamo ancora tanto parmigiano, molte bottiglie di vino in cantina, olio, e altri prodotti che possono essere conservati. E gli effetti dei dazi non sono ancora noti. Certo, c’è grande preoccupazione, ma speriamo che alle parole non seguano i fatti e che si trovi un compromesso. Altrimenti andrà a finire che gli italiani berranno vino italiano e che in America si berrà vino americano».

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