Confindustria Emilia-Romagna vuole costruire nuove dighe e impianti di desalinizzazione

BOLOGNA. Progettare nuove dighe e invasi in Emilia-Romagna. E puntare anche su impianti di desalinizzazione.
Sono alcune delle principali proposte che Confindustria consegna nelle mani della Regione, presentate questa mattina nel corso di un convegno a Bologna (in platea anche il presidente Michele de Pascale). Per puntellare le proposte, l’associazione degli industriali ha realizzato anche alcuni studi sulla gestione idrica in Emilia-Romagna, da cui si confermano i problemi più pressanti a livello regionale: la subsidenza, legata anche all’urbanizzazione massiccia (in alcune zone di Bologna il suolo si è abbassato di 3,5 metri negli ultimi 120 anni); la necessità di “modulare meglio” l’acqua, che a maggior ragione per effetto dei cambiamenti climatici è eccessiva nel periodo delle piogge e troppo scarsa nei mesi caldi. Per questo, elabora Confindustria Emilia-Romagna, è necessario progettare nuove dighe e invasi sul territorio, a partire da Vetto e Castrola, che «risolverebbero una parte dei problemi».
Allo stesso modo per l’associazione di categoria occorre prevedere arginature resistenti a pressioni più intense, una maggiore diffusione di casse di espansione e di impianti idrovori. Per gli industriali è chiave poi incentivare la realizzazione di impianti di desalinizzazione, creando anche dei veri e propri distretti «con l’intento di aumentare anche la produzione di energia marina da moto ondoso».
Con la desalinizzazione, inoltre, si potrebbe «produrre acqua potabile in risposta a una domanda crescente, garantire un alto standard qualitativo della risorsa e non danneggiare gli ecosistemi grazie a impianti di nuova generazione». Per condurre in porto tutte queste opere, Confindustria Emilia-Romagna suggerisce anche di «incentivare gli investimenti privati con la finanza di progetto». Tra le altre proposte dell’associazione di categoria figurano la mappatura delle infrastrutture idriche esistenti, la necessità di aggregare piccoli impianti fognari e di depurazione in impianti di maggiori dimensioni, l’utilizzo di tecniche di ricerca delle condotte ammalorate e di contenimento dei volumi dispersi. Infine, Confindustria Emilia-Romagna chiede di «razionalizzare l’attuale modello di gestione delle acque, che è a catena lunga, ed è così solo in questa regione, per capire chi fa cosa su tutti i corpi idrici», rimarca il vicedirettore dell’associazione, Gianluca Rusconi.