Rimini. Agguato alla compagna con il mattarello, la donna trovata nel sangue con la figlia in braccio
Si era nascosto dietro la porta di casa e quando lei è rientrata, domenica pomeriggio, le ha sferrato prima un colpo alla gamba destra, colpendo di piatto la tibia, e poi una volta che era caduta a terra l’ha picchiata con un mattarello dietro la nuca. Una rabbia cieca che si è fermata solo perché si era rotto il manico del matterello. Poi una volta che la compagna si era riuscita a sollevare da terra e mettersi al riparo ha chiamato il 112. “Voglio spiegare perché ho picchiato mia moglie, ma lo farò solo se mi portate in Questura”. Lui, un uomo di 29 anni di nazionalità albanese, regolare sul territorio nazionale, è stato arrestato nello stesso pomeriggio per il tentato omicidio della moglie, una 29enne di origine peruviana. La donna è ricoverata all’ospedale Infermi in prognosi riservata ma non in pericolo di vita. Particolarmente grave il colpo ricevuto alla nuca col mattarello che poi ha finito per spaccarsi in due. L’arresto è stato eseguito in flagranza dalla polizia di Stato coordinata dal sostituto procuratore Annadomenica Gallucci che ha aperto un fascicolo per tentato omicidio. Secondo una prima ricostruzione la donna sarebbe stata colpita alle gambe e al capo una volta rientrata a casa e mentre teneva in braccio la figlia di 14 mesi. Quando gli agenti sono arrivati sul posto è stato lo stesso 29enne ad aprire la porta di casa, mentre la compagna ancora visibilmente sotto choc, con in braccio la bambina, era sporca di sangue dalla testa ai piedi. “Aiutatemi, portatelo via”, continuava a chiedere tra le lacrime agli agenti. Poi, come un fiume, ha raccontato gli ultimi due anni di vita coniugale fatta di aggressioni quotidiane per motivi poco logici. Il marito infatti, che ha alle spalle piccoli pregiudizi di polizia per porto abusivo di armi e oggetti atti ad offendere, nel 2022 era stato arrestato in Svizzera dove aveva scontato una pena di sei mesi. Una volta uscito dal carcere l’uomo aveva iniziato a mostrare grosse difficoltà psicologiche. Era infatti convinto che in una sorta di alleanza la polizia di Stato italiana e quella svizzera tramassero contro la sua famiglia. Una illogica convinzione che si era fatta strada nella mente del 29enne da quando improvvisamente erano venuti a mancare alcuni parenti in Albania. Pensando di essere al centro di una vendetta di sangue del Kanun, l’albanese era convinto che la moglie comunicasse con i suoi nemici anche quando andava a buttare la spazzatura. Pur di controllarla era arrivato a staccare tutte le maniglie delle porte della casa in modo tale che lei non potesse difendersi dalla sua rabbia. Quando si sfogava sulla moglie non si faceva scrupolo di evitare tali spettacoli alla figlia di 14 mesi. Nel suo delirio di persecuzione, la compagna era l’oggetto su cui sfogarsi. Il 29enne si trova in carcere ed è difeso d’ufficio dall’avvocato Piergiorgio Campolongo del Foro di Rimini.