Rocca San Casciano. Fagnoli: «L’Appennino romagnolo vuol fare sentire la sua voce»
Gianni Fagnoli, portavoce di “Appello per l’Appennino Romagnolo” è tra i promotori, insieme a Rete 360, della manifestazione delle terre alluvionate in programma sabato 7 dicembre a Faenza. Dal podere “I Fondi”, incastonato fra i calanchi dove ha ripreso l’attività di un’azienda agricola di 3 ettari, dismessa nel 1968, in cui coltiva 148 varietà di frutta biologica, fa sentire i motivi di questa adunata. «È probabilmente l’occasione per far sentire la voce della Romagna alluvionata che sembra spegnersi in quanto viene ridotta ad una sterile discussione su tombini, nutrie e argini. In realtà noi portiamo in piazza molto di più partendo dal presupposto che l’alluvione del 2023 è stata la terza catastrofe mondiale di quell’anno come intensità mentre a settembre di quest’anno sono caduti 360 litri di pioggia per metro quadro». Le conseguenze sono ancora sotto gli occhi di tutti ed hanno prodotto danni ingenti ad abitazioni, infrastrutture colpendo intere famiglie. «Sono collassate intere zone con anche una modifica orografica causata da una crisi climatica epocale come abbiamo già visto in altre zone d’Europa come la Germania e da ultimo a Valencia. Anziché soffermarci su discussioni di piccolo cabotaggio è necessario aprire una riflessione più ampia. Il rischio infatti è che il dibattito si esaurisca fino alla prossima alluvione». Uno dei temi che riecheggeranno nella manifestazione che nell’idea degli organizzatori vuole replicare quella tenuta a Forlì nell’ottobre 2023 che portò in piazza 2.500 persone riguarda la ricostruzione. «Certamente la ricostruzione non è stata adeguata dai bisogni e per le opere pubbliche l’Appennino è stato collocato all’ultima fila. Basti dire che il generale Figliuolo si è recato in visita Premilcuore e Portico alla fine del percorso. Invece è necessario mettere mano in queste zone perché ogni conseguenza si riserva a valle in pianura e solo gli abitanti di queste zone che ne pagano il prezzo maggiore».
La questione legata ai ristori è ancora un nervo scoperto. «La struttura commissariale che era l’organismo principale si è dimostrata insufficiente per non dire inadeguata, con uno staff che lavora da remoto. Sugli indennizzi siamo ancora in alto mare con il fondo Agricat che non ha dato risposte. Va detto che la ricostruzione fino ad ora l’hanno pagata soprattutto gli agricoltori di tasca propria con i loro risparmi, il lavoro e l’impegno. Ma se non si fanno questi interventi le conseguenze alla fine ricadono anche sul pubblico». Cosa chiede Gianni Fagnoli per l’Appennino? «Che venga sostenuto senza guardare il numero degli abitanti, chiediamo questa attenzione insieme ad altre venti associazioni che promuovono l’evento».