«In cinque anni persi oltre 4.100 occupati in provincia di Forlì-Cesena»
Le statistiche nazionali dicono che nel 2023 sono cresciuti i posti di lavoro, il dato però, secondo la Cgil, va analizzato in tutti i suoi aspetti. Sulla situazione nella provincia di Forlì-Cesena abbiamo interpellato la segretaria provinciale Maria Giorgini, che proprio in questi giorni ha analizzato i dati forniti dall’Osservatorio Ires Cgil Emilia Romagna.
Giorgini, i numeri parlano di incremento dell’occupazione, come stanno realmente le cose?
«Le statistiche spesso forniscono una lettura parziale, infatti nella nuova rilevazione Istat sono state considerate occupate le persone con più di 15 anni che abbiano svolto almeno un’ora di lavoro retribuita, inoltre va analizzato un periodo più ampio e infine va vista la qualità di questa occupazione. Si capisce infatti che non possiamo considerare 1 ora di lavoro come un occupato in più, dunque anche il dato della nostra provincia che vede un aumento dello 0,4% di occupati tra il 2022 e il 2023, va letto con attenzione. L’incremento è dato soprattutto da contratti part-time o precari, non a lungo termine e con salari bassi».
Qual è la situazione a Forlì Cesena?
«Il nostro territorio ha più difficoltà di altri nel recupero dei posti di lavoro persi dalla pandemia. Nel quinquennio 2019-2023 abbiamo perso oltre 4.100 occupati pari al - 2,3% in prevalenza donne , e aumenta il numero degli inattivi pari a 5.720 unità. Nello stesso periodo in Emilia-Romagna c’è stato, sì, un decremento degli occupati, ma decisamente più contenuto pari allo -0,1%».
Questa situazione riguarda tutti i settori in modo omogeneo o ci sono differenze?
«Rispetto al periodo pre-pandemico si conferma una forte contrazione dell’agricoltura (oltre 5.400 occupati in meno, -31,2%, anche l’industria perde in cinque anni oltre 850 occupati (-2,1%) e i servizi registrano -8.900 occupati, pari a una flessione del 11,1% . Mentre le costruzioni (+8,2%, pari a circa 740 lavoratori in più rispetto al 2019) e il commercio (+30,5%, ossia oltre 10.300 occupati in più) segnano risultati positivi. Ma qui dovremmo analizzare la qualità di questo lavoro.
Precariato e salari bassi quanto sono diffusi nella nostra provincia?
«Registriamo un aumento costante di contratti precari arrivando nel 2023 ad una percentuale altissima pari al 31,3% degli occupati, parliamo dunque di oltre 40.000 persone, un vero esercito di riserva. Una instabilità lavorativa che si riflette su tutti gli ambiti di vita, se vogliamo affrontare seriamente il tema della denatalità dobbiamo risolvere le questioni che riguardano il lavoro e renderlo più sicuro e più stabile. A questo si aggiunge che 40.541 persone hanno un contratto part time in molti casi involontario, il che riduce ulteriormente il reddito annuale (20.602,91 euro), sul quale siamo fanalino di coda in regione al pari di Ferrara e poco prima di Rimini. Nella provincia il distretto Cesena-Valle Savio supera quello forlivese con una media di 21.301,94 euro rispetto a 21.188,05».
Spesso avete denunciato che le donne hanno un salario inferiore a quello degli uomini, c’è stato qualche miglioramento?
«Guardando il dato 2019-2023, le donne occupate sono quasi 2.740 in meno, gli uomini circa 1.400 in meno. La retribuzione delle donne giornaliera è inferiore del 26,4% a quella degli uomini ma se guadiamo la retribuzione annuale questo divario aumento fino al 32,8%, perché è proprio sulle donne che si scarica la maggiore precarietà, i part time involontari, e la mancanza di percorsi di carriera. C’è davvero molto da fare».
Dunque, dal vostro osservatorio non c’è tutta questa positività, ma cosa proponete di fare?
«Questo mercato del lavoro è una groviera, vanno ristabilite norme che diano maggiore sicurezza e maggiori tutele per questo motivo insistiamo con i nostri 4 referendum per rendere il lavoro più stabile, sicuro, dignitoso e tutelato. Oltre a questo riteniamo che vadano valorizzate le imprese sane che applicano i contratti nazionali firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi, che applicano le norme su salute e sicurezza e che investono in vere pari opportunità. Si può fare, se la politica decide che il lavoro è una priorità».