Il padre fu ucciso in Iraq, Silvia Calipari vive a Forlì: “Il dolore non sparisce”

Era poco più che diciottenne Silvia Calipari quando suo padre, Nicola Calipari, alto funzionario del Sismi, perse la vita per salvare quella della giornalista Giuliana Sgrena. A 20 anni da quel tragico 4 marzo, è uscito al cinema il film Il Nibbio, nome di copertura dell'agente del Sismi, che pone al centro della pellicola proprio la figura di Calipari restituendone non solo un'immagine pubblica ma tracciando anche un ritratto privato. Una trasposizione cinematografica dove si percepiscono i saldi legami familiari tra i quali quello con la figlia Silvia che, da 5 anni, si è trasferita per amore dalla Capitale a Forlì.
Da poco è uscito il film Il Nibbio: nella pellicola l'attrice che la interpreta ha un ruolo incisivo. Si è ritrovata in questa interpretazione?
La famiglia è stata coinvolta da subito e per tutto il percorso di produzione del film, io ho accettato di raccontare agli sceneggiatori, Sandro Petraglia e Lorenzo Bagnatori, alcuni ricordi per me salienti. La mia partecipazione alla manifestazione per la liberazione di Giuliana Sgrena, per esempio, e il confronto con mio padre per esser stata nelle prime file che, come mi ripeteva sempre, sono le più rischiose in caso di scontri; o la comune passione per il mare e la subacquea e il nostro intenderci al volo con poche parole e molti sguardi. Beatrice de Mei, l’attrice che interpreta il mio ruolo nel film, é stata davvero brava a cogliere piccoli dettagli al punto che molti amici, che mi conoscevano già vent’anni fa, mi hanno detto di aver trovato una notevole somiglianza.
Dal punto di vista emotivo è stato doloroso ripercorrere gli ultimi giorni di vita di suo padre attraverso la pellicola?
Il dolore per un lutto non sparisce mai, col tempo si assopisce forse, lo inscatoliamo e impariamo a gestirlo ma basta poco a riaprire il coperchio e farlo riemergere. Vivere per l’ennesima volta quei momenti attraverso le immagini di un film non aiuta ma ho trovato tanta delicatezza, affetto, dedizione, quasi fosse una missione, in chi ha portato avanti e a termine questo progetto, dai produttori al regista, agli sceneggiatori e a tutto il cast. Questo film è anche arrivato in un momento particolare della mia vita, un momento di speranza nel futuro grazie alla nascita di mia figlia Livia a cui spero di riuscire a trasmettere i valori in cui credeva mio padre e con cui sono cresciuta anche io. Avrei tanto voluto che lo conoscesse ma cercherò di raccontarle suo nonno nei piccoli gesti di ogni giorno.
Qual è il ricordo più bello che ha di suo padre e l'insegnamento che le ha lasciato?
Ho tanti ricordi bellissimi di mio padre e della nostra famiglia: ho avuto due genitori splendidi, anche se uno per poco, ma quello che forse reputo l’insegnamento più grande che mi ha lasciato è il suo senso di giustizia e di amore e rispetto verso il prossimo.
Lei o la sua famiglia siete rimasti in contatto con Giuliana Sgrena?
Ho conosciuto Giuliana Sgrena e l’ho rincontrata diverse volte negli anni. Come penso emerga dal film a modo mio, nel mio piccolo, ho “lottato” perché fosse liberata.
Da quanto tempo vive a Forlì e come mai ha scelto la Romagna ?
Vivo a Forlì dalla fine del 2020. Sarò sincera, la scelta è stata “obbligata” dall’amore: lui è romagnolo doc e tra i due io avevo più facilità a trasferirmi. Non conoscevo la Romagna, ho cambiato diverse città nella mia vita e anche se la mia terra d’origine, la Calabria, resterà sempre nel mio cuore, considero Roma la mia città ma è una realtà per me troppo caotica da vivere. La Romagna è una terra più a dimensione d’uomo, molto verde e io amo la natura anche grazie a mio padre e allo scoutismo. Della Romagna amo la cordialità delle persone e la loro forza nell’aiutarsi anche nelle situazioni difficili. È una comunità solidale.