Forlì, tornano a splendere i tesori dell’Istituto Prati FOTOGALLERY

Forlì
  • 20 marzo 2025

Sono tornate a casa dopo il restauro voluto dalla Soprintendenza e saranno inserite in un percorso artistico ancora allo studio, quasi cento opere del patrimonio dell’Istituto Prati che giacevano nelle cantine del palazzo di corso Diaz. Fanno parte delle proprietà della contessa Paolina Savorelli Prati Muti Papazzurri, morta nel 1944, ultima erede di una ricchissima famiglia, tanto da lasciare tutti i propri averi, con vincolo testamentario, per la costituzione di una Fondazione dedita all’assistenza domiciliare ai malati bisognosi. A distanza di 81 anni, nulla è cambiato, la Fondazione, il cui consiglio di amministrazione composto da tre persone come voluto dalla testamentaria (una nominato dal vescovo una dal sindaco e una dalle suore presenti fino a trent’anni fa, mentre ora al vescovo spettano due nomi) e che verrà rinnovato a fine mese, gestisce con lo scopo di aiutare il prossimo l’immenso patrimonio fatto del palazzo di corso Diaz, 49, terreni, opere d’arte.

La quadreria dell’Istituto, composta da 69 dipinti, di cui 47 già esposti negli uffici e 22 conservati nel deposito, è quanto rimane di un nucleo ben più corposo, distrutto dal bombardamento dell’agosto 1944, rimasto comunque intatto, anche se danneggiato, cioè senza subire divisioni tra potenziali eredi. Un patrimonio che ha attirato l’attenzione della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini che, grazie a un finanziamento ministeriale di 120mila euro, si è interessata al recupero e alla valorizzazione delle opere che fanno parte della Quadreria Prati.

Un patrimonio catalogato opera per opera, un centinaio di pezzi che si possono vedere schedati nel portale della Soprintendenza e del ministero. Tra queste una tavola del Palmezzano appena rientrata dal restauro. A gestire il ricco lascito è Carlo Vespignani segretario amministrativo dell’Istituto Prati. «Siamo in contatto con la Soprintendenza perchè sono loro che ci devono indicare un percorso espositivo adeguato – spiega –. Noi i soldi che abbiamo li destiniamo ai malati, come da volere testamentario, non nel recupero dei quadri. Abbiamo solo investito circa 5mila euro in un percorso per gli studenti dell’Università delle Belle arti di Bologna, perchè venissero qui a studiare la collezione, facessero opera di pulizia, non di restauro delle opere. Adesso hanno dei gessi dei Torlonia che restaureranno».

Da sempre l’Istituto Prati si occupa esclusivamente di assistenza ai poveri, malati e bisognosi, finanziata attraverso la gestione del patrimonio. «Affittiamo parte del palazzo di corso Diaz – chiarisce Vespignani – oggi ci sono un parcheggio interno da 54 posti molto ambito, una casa di riposo privata e degli appartamenti per gli studenti. Poi abbiamo numerosi terreni agricoli dalle parti di Bertinoro. Il reddito delle locazioni consente di tenere in vita la Fondazione. Abbiamo sempre un ambulatorio qui, aperto tutte le mattine dalle 8 alle 12 dove chiunque può andare. Di solito 15-20 persone si fanno fare soprattutto punture, ma anche medicazioni. Molti sono anziani e quindi parlano anche con gli infermieri (5, tre dei quali pensionati, tutti professionisti). Dal Covid non c’è più l’assistenza domiciliare, rimane l’ambulatorio perchè da statuto la nostra attività si basa sull’assistenza ambulatoriale».

In attesa di conoscere com saranno esposte le opere tornate dopo un anno di recupero eseguito da tre restauratrici di Rimini, Bologna e Faenza, rimane l’immenso materiale anche nella cantina del palazzo, con manoscritti, mappe, monete, documenti storici, tutti archiviati dalla Soprintendenza, con documenti della famiglia.

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