Forlì. La vita di un 13enne rovinata da cyberbulli, il padre: “Denunciate”

Thomas era uno studente modello, estroverso, solare e con tanti progetti per il suo futuro. Una ragazzino di 13 anni come tanti fino a quando, improvvisamente, è diventato silenzioso, chiuso, a tratti quasi violento nei confronti di sé stesso e dei genitori. Questi ultimi ci hanno messo sei mesi per capire che, dietro quel repentino cambiamento, c’era la violenza perpetrata da un gruppo di bulli che sotto la minaccia di diffondere alcune sue foto rubate con l’inganno, lo sottoponevano a diversi tipi di vessazioni. La storia di Thomas è purtroppo comune a quella di tanti altri ragazzi che vivono nella solitudine vessazioni e intimidazioni arrivate attraverso lo schermo di un telefono ed è raccontata nel nuovo libro della collana “Cuoriconnessi” presentato ieri alla Fabbrica delle candele davanti ad oltre 100 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra Unieuro e Polizia di Stato contro il cyberbullismo, proprio per sensibilizzare genitori, insegnanti e ragazzi a un uso consapevole dei dispositivi connessi alla rete. Alessandro, il padre di Thomas, appena capisce che il figlio è vittima di cyberbullismo si rivolge alla Polizia postale per denunciare gli aguzzini. «Con uno stratagemma - racconta Alessandro - sono riuscito a farlo aprire dicendogli che gli avrei raccontato qualche episodio della mia vita se lui avesse fatto lo stesso. Lui si è aperto e si è spalancata la porta dell’orrore. Da lì ho avuto la certezza che gli era stato fatto qualcosa di vigliacco e becero». Tutto nasce da alcune foto di Thomas che tre ragazzini riescono ad ottenere con l’inganno fingendosi una coetanea. Lui, ingenuamente, condivide gli scatti e da quel momento iniziano le violenze: da piccoli furti al rompergli il telefonino a continue crudeltà psicologiche, la vita di questo 13enne diventa un incubo vissuto ad occhi aperti. «Arrivano addirittura a tentare di convincerlo a farsi iniettare sostanze stupefacenti - dice il padre di Thomas -. Per fortuna in questo caso si è rifiutato, penso a cosa sarebbe successo se avesse accettato di fare una cosa del genere. Thomas veniva chiuso nei bagni, era costantemente preso in giro perché all’interno della sua classe c’era uno di questi tre tizi che lo hanno messo alla berlina». A distanza di quattro anni, dopo l’avvio del procedimento penale a carico dei bulli, Thomas all’interno delle quattro mura di casa sta meglio ma si rifiuta ancora di uscire. «Per noi – sottolinea il questore di Forlì, Claudio Mastromattei rivolgendosi agli studenti - è triste veder entrare negli uffici di polizia sia la vittima che l’autore. Rendersi responsabili di un gesto del genere significa che il proprio nome viene inserito nella banca dati delle forze di polizia e questo potrebbe portare all’impossibilità, un domani, di fare un qualsiasi concorso pubblico. Viene stravolto non solo il vissuto della vittima ma di un’intera famiglia. Noi non vogliamo vedervi entrare nei nostri uffici».

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