Forlì, isolamento sociale tra i giovani: fenomeno in crescita

Forlì
  • 11 febbraio 2025

Il fenomeno dell’isolamento sociale volontario dei giovani, cresce in Italia e anche nel Forlivese, ma di pari passo aumenta anche l’impegno dell’associazione Ama Hikikomori (come viene indicato il problema). Comportamenti di chiusura rispetto a un disagio che vede protagonisti sempre più giovani. «La percezione che la problematica sia profonda, diffusa e in espansione – dice la presidente dell’associazione Ama (auto mutuo aiuto), Marina Mercuriali –, il disagio dei ragazzi, la difficoltà e l’ansia a relazionarsi, è una sensazione profonda che abbiamo e condividiamo». «Come psicologa scolastica – aggiunge Rosa Spinelli, che collabora con l’associazione – sono a contatto con gli studenti. L’ansia sociale, soprattutto dopo gli anni del Covid, è emersa tantissimo. Anzi se prima era più evidente nella fascia dai 15 anni in su, in questi ultimi due o tre anni questa difficoltà a relazionarsi e l’avere paura del giudizio degli altri è scesa, la osservo anche a livello della scuola secondaria di primo grado, quindi 13-14 anni. Ed è molto tangibile, i ragazzi riferiscono che la loro paura maggiore è quella di essere giudicati dagli altri, di non riuscire ad essere accettati dal gruppo e quindi piuttosto che affrontare determinate situazioni con i coetanei cercano di ritirarsi, evitano di uscire, anche all’interno del gruppo classe tendono a isolarsi, fino a quando la situazione peggiora e si ha una chiusura totale».

Il Covid non ha fatto altro che accelerare il processo di disagio. «E’ stata una causa secondaria che ha accelerato già il disagio latente – chiarisce Spinelli –. Non è la causa scatenante». Anche perchè un motivo univoco perché si decide per l’isolamento non c’è. «Abbiamo visto che può arrivare nelle fasi di passaggio – analizza Mercuriali –, dalla scuola media alle superiori, all’ultimo anno prima della maturità, il passaggio all’università, all’ambiente di lavoro, sono tutti momenti a rischio. Se questi passaggi sono vissuti con uno stato di ansia troppo grande vediamo che aumenta il rischio di ritirarsi. In alcuni casi c’entrano casi di bullismo, in altri problemi di salute che creano incertezza». «Dipende dalle caratteristiche di ognuno – conferma Spinelli – e anche dai cambiamenti della società in generale che è molto più prestazionale rispetto al passato e questo può essere una concausa».

Famiglia e scuola sono i due ambienti dove è possibile intercettare il disagio dei giovani. «Nelle scuole emergono i sintomi – ribadisce la psicologa Spinelli –: il ragazzino che non si inserisce nel gruppo, fa l’intervallo da solo, oppure trascorre molto tempo con le figure adulte, quindi con l’insegnante, oppure rinuncia all’attività motoria, evita l’interrogazione o si blocca». «Al di fuori della famiglia – spiega invece la presidente dell’associazione – si fa fatica a notarlo, bisogna frequentare ambienti dove ci si confronta con i ragazzi».

Una volta che si è accertato il disagio si passa all’intervento. «E’ fondamentale riconoscere i primi momenti di difficoltà e immediatamente porsi in una situazione di ascolto del ragazzo – chiarisce Marina Mercuriali – perchè lasciare passare con disattenzione i primi momenti di difficoltà e di crisi rischia di innescare un meccanismo che poi è difficile da affrontare, contrastare e recuperare. L’atteggiamento più importante è quello dell’ascolto del ragazzo, cercare di non porsi in una situazione frontale, perchè c’è il rischio di rendere la chiusura ancora più intensa». «Alla famiglia il consiglio, se non siamo già in una fase grave – dice Rosa Spinelli –, è quello di intraprendere un percorso psicoterapeutico psicologico con il ragazzo, quindi un lavoro parallelo di supporto alla famiglia in modo tale che abbia gli strumenti per affrontare il problema».

Quello che conta alla fine è che sia un disagio dal quale si può uscire. «Se ne esce però rischia di cronicizzarsi con una certa facilità – conclude Mercuriali –. Abbiamo ragazzi chiusi da tempo, ma non perdiamo la speranza. Ci sono anche giovani che hanno ripreso la loro vita, a relazionarsi prima con la famiglia poi con gli amici».

L’associazione Ama Hikikomori si appresta a proporre, con il patrocinio del Comune di Forlì, assessorato al Welfare, il progetto “Grovigli”, gruppi di parola per adolescenti dove i ragazzi che hanno difficoltà relazionali possano essere liberi di esprimere le loro emozioni. Occasioni di confronto e dialogo tra pari, in cui la condivisione è facilitata dalla presenza di uno/a psicologo/a, dove verranno utilizzati materiali video, testuali, fotografici, musicali e tecniche di facilitazione del dialogo. I gruppi (uno per 14-16enni, l’altro per 17-19enni) si terranno ogni due settimane il lunedì dalle 20 alle 22 alla palestra Karuda Ssd, in via Zampeschi, 1. Per informazioni: 375.8499344.

Già attivo, invece, “Costruire relazioni”, percorsi per affinare tramite lo psicologo e formatore Luca Eleuteri la propria capacità di connessione con se stessi e con gli altri, prendersi cura delle relazioni, amicizie, di affetto o di semplice collaborazione. Il ritrovo è a sabati alterni dalle 9.30 alle 12.30 sempre alla palestra Karuda di via Zampeschi, 1. Per informazioni: 375.8499344.

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