Forlì, intervista al nuovo primario di Nefrologia e Dialisi

Forlì
  • 07 gennaio 2025

Tra i nuovi direttori di struttura complessa nominati dall’Ausl Romagna, c’è anche Vittorio Albertazzi, che guida l’unità operativa di Nefrologia e Dialisi di Forlì e Cesena. Incarico importante per il 45enne nato a Chieti, anche in virtù dell’aumento di persone affette da queste patologie.

Dottore, lei arriva dall’ospedale “Guglielmo da Saliceto” di Piacenza, che Unità ha trovato in provincia di Forlì-Cesena?

«La mia prima impressione sia per il “Morgagni Pierantoni” di Forlì, sia per il “Bufalini” di Cesena è ottima, ho trovato organizzazione, alta professionalità e soprattutto grande attenzione verso i pazienti. Dico questo perchè per quanto riguarda i miei pazienti nefropatici ho avuto un grande aiuto, anche da parte della Direzione, visto che purtroppo a Forlì abbiamo avuto un aumento dei pazienti dializzati, per cui non abbiamo tanti spazi per fare la dialisi, tanto è vero che stiamo svolgendo il trattamento dialistico in ben tre turni, mattina, pomeriggio e sera. Sono in cantiere un ampliamento dei posti della dialisi e un ammodernamento delle apparecchiature per produrre il liquido in dialisi a partire dall’acqua».

Di quanti pazienti parliamo tra Forlì e Cesena?

«A Forlì l’anno scorso avevamo 118 pazienti in emodialisi, quest’anno sono cresciuti a 140. A Cesena invece è rimasta stabile la cifra di 170 pazienti»

Di cosa si occupa la sua Unità operativa?

«Nei nostri reparti di Forlì e Cesena curiamo le malattie renali sia acute che croniche, sia primitive che secondarie e soprattutto riusciamo a seguire il paziente in tutte le fasi della malattia, vale a dire dalla prevenzione alla diagnosi, spesso utilizzando tecniche importanti come ad esempio l’esecuzione di una biopsia renale, poi durante la malattia, anche nelle fasi più avanzate cerchiamo di rallentare la malattia renale cronica che poi sfocerà nella dialisi. Ci occupiamo del trattamento renale sostituivo quando il paziente raggiunge una insufficienza renale terminale, sia attraverso l’emodialisi extracorporea che attraverso la dialisi peritoneale. Inoltre i pazienti dializzati li mettiamo in lista per il trapianto renale e seguiamo coloro che hanno fatto un trapianto in un centro regionale o nazionale. Altra cosa che tengo a sottolineare è che abbiamo un elevato numero di pazienti che sono affetti da malattie renali rare e genetiche, come rene policistico, malattia di Fabry con vasculiti, amiloidosi, sindrome di Alport, che sono patologie rare che purtroppo colpiscono la popolazione, spesso anche giovane»

Quali possono le cause dell’aumento dei pazienti?

«I pazienti con malattia renale cronica sono in aumento in tutto il mondo, si stima che il 10% della popolazione mondiale sia affetta da una malattia renale, questo a causa dell’invecchiamento della popolazione e perchè i fattori di rischio più importanti non sempre riusciamo a controllarli, parlo di ipertensione, obesità, diabete, il fumo, la mancanza di esercizio fisico, che spesso fanno parte del nostro stile di vita. Le malattie renali oggi sono l’ottava causa di morte nel mondo e si stima che diventeranno la quinta. Tra l’altro il fatto di avere una malattia renale cronica è uno stimolo per una patologia cardiovascolare, infarto o ictus».

Esistono casi tra i giovani?

«Parlo di malattie genetiche che possono manifestarsi anche tra chi ha 20, 30 o 40 anni e che quindi deve essere sottoposto a dialisi».

In questi casi che importanza ha la prevenzione?

«Decisiva. Se pensiamo ai reni come dei killer silenziosi, perchè purtroppo almeno fino alle fasi finali, è una malattia asintomatica o poco sintomatica, il paziente lamenta un po’ di astenia, rallentamento delle performance, lieve riduzione dell’appetito, peggiore controllo della pressione. Se non si cerca di capire come è la situazione dei reni ci troviamo pazienti che arrivano alla nostra attenzione in uno stato terminale. Per questo è importante la prevenzione: un corretto stile di vita, controllare periodicamente il livello di zucchero nel sangue, la pressione, fare una dieta sana, iposodica se il paziente è iperteso, un adeguato apporto di acqua e liquidi, evitare il fumo, ricordarsi di assumere farmaci solo sotto il controllo medico perchè ad esempio gli antinfiammatori possono essere tossici per i reni, fare esami specifici per valutare la condizione renale».

La situazione dei trapianti?

«I dati del trapianto renale sono buoni in Italia, il problema non è l’immissione in lista, ma le donazioni che sono l’elemento che rallenta l’attività. E’ per questo che noi spingiamo per il trapianto da vivente, grazie a un parente che può donare il rene, ancora meglio se prima che il paziente sia entrato in dialisi».

E’ possibile aumentare la terapia domiciliare, vista la carenza di postazioni?

«E’ uno dei miei obiettivi. Cercherò di aumentare la dialisi domiciliare, sia sfruttando la dialisi perineale sia la emodialisi che può essere fatta a domicilio. Questo aumenterebbe anche la qualità della vita del paziente che non dovrebbe venire tre volte in ospedale».

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