Forlì, il quartiere San Benedetto tornato nell’incubo FOTOGALLERY

Forlì
  • 21 settembre 2024

Ragazzi armati di pale, stivali sporchi di fango, utensili e mobili messi in strada come rifiuti, mezzi della Protezione civile. In via Pelacano, via Isonzo e strade limitrofe, zona San Benedetto, ieri sembrava di essere tornati a maggio 2023, ma era il 20 settembre 2024. Il quartiere, insieme a Villanova è stato quello più colpito. Ma se in via Zignola è stato l’argine del fiume Montone a cedere, in questo dedalo di strade, l’acqua ha iniziato a salire dai tombini prima di arrivare dalle altre strade. Un incubo, con tante domande sul perchè si sia ripetuto un simile disastro. Come spiegano i fratelli Marco e Fabrizio Gregori, titolari dell’Officina autorizzata Fiat di via Isonzo. Ripartiti dopo i gravi danni subiti a maggio 2023, da due giorni sono al lavoro per liberare i locali dall’acqua e dal fango e ripulire macchinari e attrezzature del lavoro. «La quantità di acqua caduta è stata simile all’altra volta – spiega Marco Gregori – il danno è stato limitato, abbiamo avuto mezzo metro d’acqua, anche se il fango è stato lo stesso. Mi pare di capire che l’acqua venisse dalle fogne, viene da dire che qualcosa sia stato fatto, ma c’è un grosso problema: le fogne non tengono, stavolta non doveva succedere».

«Un problema deve esserci – ribadisce Fabrizio Gregori – perchè noi siamo qui dal 1980 e non è mai successo qualcosa di simile, e la pioggia c’è sempre stata. Un’alluvione l’abbiamo retta, la seconda proviamo a reggerla, però bisogna che qualcuno che ha studiato questi eventi si organizzi e faccia qualcosa. L’alluvione è la cosa peggiore che possa capitare. Abbiamo bisogno di ricreare l’ambiente come era prima. Però non possiamo vivere sempre con gli occhi verso il cielo». «Nel 2023 abbiamo avuto danni per 150mila euro circa – ricorda il fratello Marco – avevamo auto dei clienti, più le nostre macchine, le apparecchiature della revisione, gli strumenti. Memori di questo, ora ci eravamo preparati, le auto le avevamo spostate, le attrezzature coperte per quanto possibile, ma non ce lo aspettavamo».

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