Forlì, hotel accoglie i malati di Coronavirus
FORLI'. «Ognuno deve fare la sua parte». La sua era accogliere clienti e assicurarsi che il soggiorno fosse confortevole. Era. La pandemia ha cambiato tutto. L’accoglienza la fa ancora. Ma gli ospiti arrivano in ambulanza, accompagnati da infermieri del 118 in divisa anti contagio. Hotel Paradise Airport, zona Ronco: ecco l’albergo Covid. Lo sarà almeno per due mesi. «Ma il contratto è “rinnovabile”, anche fino a sei», racconta il titolare Daniele Casadio, diventato d’un tratto angelo custode dei malati in via di guarigione che, dimessi dall’ospedale, devono trascorrere almeno un paio di settimane in isolamento prima di lasciarsi l’incubo alle spalle. Per ora gli ospiti sono tre, arrivati tra ieri e giovedì.
Casadio, come è avvenuta la metamorfosi della sua struttura?
«Un paio di settimane fa sono stato contattato. L’Ausl cercava un albergo che avesse i requisiti giusti per accogliere queste persone. Sono venuti, hanno verificato l’idoneità e hanno scelto la mia struttura. Ci sono 40 camere, gliele abbiamo messe a disposizione tutte. D’altra parte saremmo vuoti… Così cerchiamo di dare un servizio alla comunità».
Le prime persone sono già arrivate. Com’è andata?
«Direi bene. Giovedì l’ambulanza ha portato due giovani donne, di poco meno di 30 anni. Sono state accompagnate in stanza e da lì non devono uscire».
E chi controlla?
«Io ovviamente. Sono rimasto solo. I dipendenti vista la situazione sono a casa. A gestire l’hotel siamo io, mia moglie e mia zia. Ho lasciato a casa anche loro. Resto solo io. Praticamente rimarrò chiuso qui finché sarà necessario, direi mesi a questo punto. Prendo ogni precauzione».
In che condizioni sono le persone ospiti nel suo hotel?
«Sono pazienti positivi che al momento hanno passato la fase acuta e non hanno più sintomi o al massimo lievi. Trascorreranno qui due settimane durante le quali saranno sottoposti a due tamponi per verificare l’avvenuta guarigione. Mi auguro che ogni tanto lo facciano anche a noi, a me e alla persona che viene a fare le pulizie…».
Le hanno dato dispositivi di sicurezza?
«No. Non avevo il materiale necessario. Cerco di arrangiarmi. E spero in Dio. Faccio un esempio: c’è un protocollo da seguire per quanto riguarda la sanificazione, le pulizie. Ma per la gestione dei malati ne ho ideato uno io».
Prego?
«Io porto colazione, pranzo e cena che vengono preparati nel ristorante accanto all’hotel. Mi sono accordato con le ragazze: sistemo le pietanze fuori dalla stanza e loro devono attendere qualche minuto prima di aprire la porta e ritirarle. Dentro la stanza gli ospiti trovano un kit igienizzante e anche scopa e paletta per le pulizie. La biancheria e i lenzuoli sporchi li mettono in un sacco che poi sistemano fuori dalla porta. Faccio un altro esempio…».
Dica.
«Su Amazon ho ordinato una pompa: mi servirà per spruzzare disinfettante e sanificare l’esterno della struttura. Non è previsto dai protocolli ma qualche precauzione in più è sempre ben accetta. Certo non è la situazione in cui speravamo fino a qualche settimana fa quando si annunciava l’apertura dell’aeroporto».
Quando riaprirà il suo hotel non sarà più un “rifugio” Covid, non crede?
«Sì. Ma la clientela dovremo rifarcela da capo. Intanto ringrazio quella che in questi anni ci ha sostenuto. Facevamo 20mila presenza all’anno. Un gran risultato nonostante l’aeroporto sia chiuso da tempo. E pensare che l’albergo l’avevamo costruito proprio su richiesta del Comune per via del Ridolfi. Dopo un anno di apertura Ryanair se n’è andata. Poi hanno chiuso tutto».
La nuova situazione la preoccupa?
«Prima di tutto voglio rassicurare il quartiere. Io sono nato al Ronco e a chi ci abita dico che non c’è nulla da temere. Tutto viene fatto in totale sicurezza. Personalmente le dico che non sono preoccupato. Andiamo avanti: facciamo quello che si deve con i mezzi che abbiamo. Siamo romagnoli, ognuno deve fare la propria parte».