Forlì. Crescono gli accessi al Centro di salute mentale, il 20% degli utenti sono giovani
Cresce l’affluenza al Centro di salute mentale di Forlì-Cesena e aumentano i pazienti giovani. «Analizzando i dati dal 2021 al 2023 si evince che gli utenti giovani in un età tra i 18 e i 35 anni sono circa il 20% del totale dei casi trattati (1.600 su 7.500 affluiti e 950 su 4.500 presi in carico) - afferma Pietro Nucera, direttore Unità operativa complessa Centro salute mentale di Forlì-Cesena.- In termini percentuali troviamo aumentata sia la quota dei pazienti affluiti (visti almeno una volta) al centro di salute mentale che passa dall’8% al 10%, sia quella fascia compresa tra i 26 e i 35 anni che passa dal 10 al 12%. Parimenti aumenta in termini percentuali anche la quota dei pazienti presi in carico in maniera continuativa dal Csm, sia di quelli di età 18-25 anni (dal 7% al 10) sia quella 26-35 anni (dal 9,7% all’11). Quindi negli ultimi tre anni il Csm ha visto aumentare la fascia di età 18-35 con, rispetto alle tipologie diagnostiche, un aumento dei disturbi dello spettro ansioso, legato allo stress e somatoforme; un netto aumento dei disturbi dell’alimentazione con un trend in continuo aumento dei disturbi della personalità e del comportamento, con quadri di disregolazione emotiva importanti che possono determinare autolesionismo o tentativi suicidari».
In generale, negli ultimi 3 anni sono aumentati sia i pazienti giovani (18-35 anni) visti dal Csm di Forlì-Cesena che quelli presi in carico: gli affluiti passano dal 18.3% nel 2021 al 21,5 nel 2023, quelli presi in carico dal 17% al 20.6%. «Sono aumentati sia il disagio giovanile, sia le manifestazioni di quadri sintomatologici, sia l’esordio di veri e propri quadri psichiatrici - prosegue Nucera - . L’elemento comune a tutti, legato a fattori ambientali complessi, è l’utilizzo di sostanze, soprattutto alcol e cannabis. Oggi tutte le situazioni sono accompagnate o determinate dall’uso di sostanze che è sempre più esponenziale, in particolare la cannabis che i giovani considerano innocua ma che le evidenze scientifiche ci dicono che ha un impatto molto destruente in un cervello in sviluppo in età giovanile. Si vedono percentuali alte di questa cannabis - commenta Nucera - che vanno a colpire zone di cervello in maturazione interferendo nei processi normali di sviluppo di quell’età che possono determinare quadri sintomatologici e patologici. Nell’adolescenza il cervello è sottoposto ad un rimaneggiamento di ottimizzazione delle vie neuronali attraverso la potatura di tutte le parti che si erano sviluppate in precedenza non necessarie; c’è ancora una immaturità nello sviluppo della corteccia prefrontale (regione implicata nella pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi, nella presa delle decisioni, nella moderazione della condotta sociale) che è quella che frena i comportamenti compulsivi ed emotivi. Inoltre, nell’adolescenza sono in atto i processi di autoaffermazione e distacco dalle figure di dipendenza genitoriale. Un periodo delicato in cui le sostanze entrano e vanno a interferire con queste aree rendendo quadri fortemente più impulsivi, emotivi, più disregolati e potenzialmente instauranti veri e propri quadri morbosi definiti».
Una situazione complessa che il Csm affronta con un lavoro di squadra. «Stiamo cercando di fronteggiare questa situazione con un forte collegamento tra il Csm e le dipendenze patologiche e Neuropsichiatria infantile, con l’istituzione di una struttura di transizione e di spazi d’intervento legati all’adolescenza e anche con percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) specifici per alcune categorie. Attraverso questi strumenti di pianificazione efficaci ed efficienti - conclude Nucera - si è in grado di raccordare tutte le fasi di diagnosi-cura-assitenza-riabilitazione attraverso la convergenza di professionisti provenienti dai diversi ambiti».