Forlì. Costretto alla dialisi, rinasce grazie al rene donato dalla moglie
La rinascita dopo la malattia, grazie al dono di un rene da parte della moglie. Una storia a lieto fine quella vissuta da Pietro Caruso, giornalista che ha lavorato per tanti anni nella redazione forlivese del Corriere Romagna, e che merita di essere raccontata anche per sottolineare quanto sia importante l’atto della donazione di organi come scelta per superare le gravi crisi di salute e creare le condizioni per una rinascita. Caruso proprio ieri ha festeggiato il compleanno ricordando il difficile percorso.
Possiamo dire che quello di quest’anno è stato un compleanno molto più sereno rispetto all’anno scorso...
«Direi proprio di sì. Esattamente un anno fa avevo cominciato da qualche giorno il trattamento obbligatorio di dialisi nell’unità di nefrologia dell’ospedale Morgagni-Pierantoni, perché dal mese prima purtroppo non avevo più la funzionalità renale che era stata compromessa dalla intensità delle cure effettuate per salvarmi i polmoni nell’ottobre del 2023 dopo una grave forma di polmonite interstiziale bilaterale dovuta ad una forma acuta di Covid. Il mio spirito era abbattuto perché temevo che la terapia dialitica sarebbe diventata permanente, sottoporsi per due mattine alla settimana alla depurazione del sangue è sicuramente una necessaria pratica salva vita ma non è certo una passeggiata».
Come è nata la scelta di cercare la via del trapianto di rene?
«Per quanto sia in età avanzata, ma non ancora nella condizione più difficile della vecchiaia, ho subito cercato di verificare se potevano sussistere su di me le condizioni favorevoli al trapianto. Personalmente, come del resto mia moglie Barbara, siamo sempre stati d’accordo nel dare ascolto a tutte quelle forme di solidarietà che individuano nel dono di organi un modo per aiutare a salvare delle vite. Certo non avrei mai pensato che mi sarebbe toccato in prima persona. Per fortuna la Nefrologia forlivese ha una forte esperienza di pazienti che sono poi stati avviati al trapianto, anche se purtroppo non tutti hanno per età e condizioni generali di salute la possibilità di attraversare la esperienza del trapianto».
Nel suo caso ha avuto molta fortuna grazie anche alla generosità di Barbara.
«Alla sfortuna di capitare in dialisi per collasso renale determinato dalla intensità delle cure per fronteggiare il rischio mortale della gravissima crisi polmonare che mi aveva colpito, ho avuto il dono nel trovare in mia moglie Barbara la persona che con grande generosità si è voluta subito sottoporre ai criteri ed agli esami di compatibilità e la fortuna è stata che dopo molti test miei e suoi, mai fatte tante analisi e accertamenti nella mia vita come in questo caso, il suo rene era adatto ad essere trapiantato su di me».
Poi il 18 ottobre c’è stato l’intervento risanatore a Bologna
«Al Sant’Orsola siamo stati operati per l’espianto e l’impianto sia io e sia Barbara dal professor Matteo Ravaioli e dal suo staff con pieno successo e ora attendo con ansia la fine del terzo mese di convalescenza anche se nel mio piccolo ho cominciato a riprendere alcune delle mie attività giornalistiche e culturali».
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
«Intanto ha rafforzato la mia convinzione già acquisita di una intransigente difesa della sanità pubblica. Inoltre della necessità di attivare la cultura del dono del trapianto sia per coloro che danno la loro disponibilità al trapianto nel caso in cui vengano a mancare, sia come atto fra viventi se hanno la salute e la volontà per farlo. La cultura del dono non salva solo una vita, offre una concezione dell’esistenza nella sua più piena autenticità».