Forlì, al processo per l’alluvione di Villafranca parlano gli imputati

Forlì
  • 22 gennaio 2025

Dopo Graziano Pastorelli, ingegnere della società Autostrade per l’Italia, ieri pomeriggio nel processo per l’alluvione che ha colpito la zona di Villafranca e San Martino in Villafranca il 13 maggio 2019, è toccato agli altri due imputati, tutti accusati di inondazione colposa, difendersi in aula. Tonino Maria Bartolotta, legale rappresentante della ditta di Martirano Lombardo (Catanzaro), esecutrice dei lavori di ristrutturazione delle arcate del ponte dell’A14 sul fiume Montone, e Michele Renzi, direttore di Tronco di Autostrade per l’Italia per Bologna e Udine al momento dei fatti. Proprio quest’ultimo rispondendo a una domanda del giudice Federico Casalboni (pubblico ministero Federica Messina) su una delle contestazioni, la mancata comunicazione all’Agenzia regionale sicurezza territoriale e protezione civile dell’intervento sul viadotto e quindi sull’argine, ha dovuto confermare che la comunicazione, nonostante l’intervento fosse di somma urgenza, è stata fatta solo dopo l’esondazione. Renzi in precedenza ha risposto alle domande dei suoi legali Guido Colella e Serena Costa, ribadendo che l’intervento sulle travi del viadotto era stato reso necessario dal peggioramento della situazione evidenziata dai periodici controlli sui ponti e che quindi si era deciso di intervenire in somma urgenza. «Non mi hanno però segnalato situazioni di pericolo. In caso di somma urgenza non si deve chiedere un’autorizzazione ai lavori, ma si deve comunicare che si fa quel lavoro e che serve una certa tempestività anche perchè il lavoro comporta ripercussioni sul traffico autostradale» ha detto. Proprio quella comunicazione, però, è arrivata dopo l’alluvione.

A Renzi è stato chiesto anche dei risarcimenti alle persone colpite dai danni causati dall’esondazione. I privati sono stati risarciti dall’assicurazione della ditta che ha eseguito i lavori, mentre il Comune di Forlì è stato risarcito da Anas. Il pomeriggio in Tribunale a Forlì si era aperto con l’audizione di Tonino Maria Bartolotta, legale rappresentante della ditta che ha lavorato sul viadotto, difeso dall’avvocato Maria Luisa Caliendi: l’imputato ha ricordato che per la sua ditta quello era un cantiere “artigianale”, senza bisogno di mezzi per smuovere la terra. «Non abbiamo modificato la morfologia dell’argine e non abbiamo lasciato nostro materiale nel cantiere quando c’è stata la sospensione per permettere al calcestruzzo di consolidarsi. Abbiamo visto che dalla parte del fiume c’era una crepa, ma non era di nostra competenza intervenire».

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