Ciri, Aerospace, da Forlì alla scoperta dello spazio profondo

Forlì
  • 18 novembre 2024

Un’eccellenza del Polo tecnologico, aeronautico e spaziale, che collabora con agenzia spaziali americana, europea e italiana in progetti di ricerca e studio. E’ il Ciri, Centro interdipartimentale di ricerca industriale, dell’Università di Bologna, diretto dal professore Paolo Tortora dal 2019 (lo farà fino al 2025) che ha base nell’ambito del cosiddetto campus aerospaziale di Forlì, in questo momento impegnato in missioni con Nasa e Esa per lo studio di come modificare le traiettorie di asteroidi che nel futuro potrebbero essere sulla linea di impatto della terra, con effetti devastanti per l’umanità. Un mondo affasciannte che infatti richiama studenti in città e che è riconosciuto dalle istituzioni comunali e regionale come un polo da valorizzare. «L’Università per l’aerospaziale fa riferimento solo a Forlì, una scelta strategica, riconfermata anche a livello regionale visto che l’assessore uscente Colla ha ribadito che qui ci sarà un polo di eccellenza, il Comune di Forlì ha un assessore con la delega al progetto aerospazio».

Una crescita costante il Ciri Aerospace. «Per noi il quadro è positivo, perchè abbiamo la ricerca in crescita, così come studenti e didattica, il nostro gruppo di ricerca specificatamente lavora su una serie di missioni spaziali. Quello di cui ci occupiamo come gruppo di ricerca è di fare esperimenti di radioscienza, che vuol dire usare sistema di comunicazione delle sonde per farci attività scientifiche quindi per la determinazione di massa e campi di gravità di corpi, oppure determinazione di proprietà delle atmosfere dei vari corpi, pianeti e loro lune. Di fatto noi ci so ci siamo occupati di missione che sono andate da Saturno in giù. Uno degli ultimi grandi progetti sui quali siamp stati coinvolti si chiama Aida ( Asteroid Impact & Deflection Assessment), collaborazione tra Nasa ed Esa nella quale sono progettate due sonde lanciate in tempi diversi: una è una missione Nasa chiamata Dart, e la seconda è la missione Hera. Lo scopo finale è importante perchè sono andate ad esplorare in modo congiunto un asteroide binario chiamato Didymos, cioè un piccolo corpo, in realtà fatto da due piccoli corpi (uno da 800 metri di diametro, l’altro da 150) che ruotano uno intorno all’altro; la sonda Dart (Double Asteroid Redirection Test) lanciata dalla Nasa nel 2021 e arrivata a Didymos nel 2022 ha fatto una cosa per la prima volta è stata realizzata nella storia dell’umanità, cioè andare a collidire contro il corpo più piccolo chiamato Dimorphos. Lo scopo di tutto questo era cercare di cambiarne la traiettoria, per consentirci di imparare cosa dovremmo fare come umanità qualora un asteroide scoperto magari tra dieci anni si presentasse essere in rotta di collisione con la terra e quindi potenzialmente distruggere l’umanità. A quel punto noi sapremmo come costruire una sonda e mandarla a collidere contro l’asteroide per cambiarne la traiettoria. La missione Hera, che arriverà nel 2026 dopo il lancio dell’ottobre scorso da Cape Canaveral, ha lo scopo di andare a vedere dopo 4 anni cosa è successo al corpo Dimorphos dopo la collisione: quindi come è stato deformato dapprima, e poi un’altra cosa, della quale siamo responsabili noi, è andare a misurare la massa di Dimorphos, elemento fondamentale per la ricerca». Un mondi affascinante per ricercatori e studenti. «I ragazzi che ruotano intorno al corso – conclude Tortora – per la triennale, quindi il primo livello, sono 130 studenti per ogni anno, circa 350-400 in totale; per la laurea magistrale che è tenuta in inglese da 11 anni, abbiamo 80 studenti all’anno, per un corso biennale».

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