Castrocaro. Le famiglie allagate: «Ormai viviamo nella paura ogni volta che piove»

Forlì

In via Colombarina, mano a mano che la strada scende verso il fiume, i segni della furia dell’acqua sono evidenti: i pali in cemento che sorreggevano una recinzione sono stesi a terra come fossero stuzzicadenti, tronchi levigati dall’acqua sono stati disseminati negli orti e nei giardini ed il fango che ha, nuovamente, opacizzato il verde dell’erba è entrato in case e garage. Ce n’è meno, concordano i residenti, rispetto all’alluvione del 2023 che aveva lasciato una fotta coltre di limo. Ma qui l’acqua anche questa volta è salita ad un metro in casa lasciando dietro di sé la disperazione di chi aveva appena cambiato i mobili e sistemato i muri e ora si ritrova a doversi rimboccare dimuovo le maniche. Sono 4 i nuclei familiari interessati dall’esondazione del Montone e ieri hanno fatto richieste precise alla presidente della Regione: alzare l’argine del fiume che qui è praticamente inesistente e renderlo lineare in modo che l’acqua possa scorrere senza impedimenti. «Nel 2023 - racconta Francesca che vive assieme alla mamma anziana - abbiamo avuto 1 metro e 60 di acqua in casa, questa volta si è fermata ad un metro. Qui ci dobbiamo vivere, vorremmo che venissero fatti i lavori fatti in via del Mulino. Quando è iniziato il maltempo non ho dormito per tre notti, ho il terrore, non possiamo vivere così». Nei suoi occhi si legge la stanchezza di chi deve nuovamente ricominciare da capo dopo aver faticato per cercare una normalità spazzata via dall’esondazione di 16 mesi fa. Lavori fatti attingendo dai risparmi perché, per ora, gli unici soldi ricevuti sono stati i 5mila euro per l’immediato sostegno. Il vicino, Francesco Cappelli, sbeffeggiando i suoi 90 anni da poco compiuti, è stato 12 ore nel campo a lavorare assieme ai figli per rimuovere ciò che il fiume ha lasciato ma poi è andato a ballare il liscio con una vitalità invidiabile persino dai più giovani. In via del Molino a Terra de Sole, Roberta Bombardini non ha “solo” la casa nella quale vive ma anche la propria azienda agricola che è stata completamente spazzata via durante l’alluvione del 2023 quando l’acqua raggiunse i due metri di altezza in casa. «Avevamo 5 serre - racconta Roberta che tutti in paese chiamano “la fiorista” perché vende ai mercati le piante che con amore coltiva anche grazie all’aiuto della figlia -. L’alluvione del 2023 le ha letteralmente ingoiate così, facendo i debiti con la banca, siamo riusciti a metterne su due». Mercoledì sera, quando hanno visto il livello del fiume alzarsi, lei e la sua famigli hanno cercato di salvare il salvabile per il timore che l’argine alto quattro metri costruito dopo l’alluvione di poco più di un anno fa che corre attorno alla sua casa non fosse sufficiente per contenere l’enorme mole di acqua. «Il fiume è rimasto entro gli argini, anche se solo per un metro. Se avesse ceduto, avrebbe spazzato via anche la casa. Quando sono venuti i carabinieri per farci evacuare avevamo paura di non trovare più niente al nostro ritorno». L’acqua, infatti, usciva dai tombini facendo presagire il peggio ma, fortunatamente, rispetto all’altra volta la casa è stata quasi del tutto risparmiata. «Nel 2023 la furia della corrente dentro casa ha rovesciato tutto, ha smontato i mobili dal muro, sembrava avesse le mani». Le due serre da poco costruite non sono state danneggiate ma il campo con le vigne appena piantate è pieno di sfacci e residui di legno accattastati dalla corrente. «Dovremo lavorare la terra per evitare che le viti muoiano di asfissia ma non so come faremo per rimuovere e smaltire tutta quella legna». Roberta è nata in questa casa e ricorda quando, da bambina, faceva il bagno al fiume. «Gli argini non esistevano, il fiume era pari al campo e non abbiamo mai avuto problemi di esondazioni - racconta -. Adesso, invece, a distanza di 16 mesi questa è la seconda alluvione e noi siamo ancora alla prese con la burocrazia per ricevere i ristori». Nonostante 5 tecnici, è ancora alle prese con le perizie richieste da Sfinge e non ha ancora un bilancio complessivo dei danni. «Abbiamo ricevuto solo i 5 mila euro stanziati per l’immediato sostegno e poi più niente - spiega -. Per rimettere in piedi l’azienda ha dovuto usare i risparmi che avevo messo da parte in vista del mio pensionamento oltre a fare debiti con la banca. Verrebbe da pensare di andarsene ma qui ci sono nata e c’è il mio cuore».

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