Favori al titolare di pompe funebri in cambio di verdure e pasta
Suggerivano ai familiari dei morti il nome delle pompe funebri alle quali rivolgersi per l’ultimo viaggio del proprio congiunto. Due necrofori dell’Ausl di Rimini, in servizio all’epoca dei fatti all’obitorio di Riccione, e il titolare di un’agenzia funebre, saranno processati a vario titolo a partire dal 10 novembre prossimo. Il giudice dell’udienza preliminare Manuel Bianchi ha disposto il rinvio a giudizio per i tre imputati, che si professano innocenti e sono convinti di potere chiarire tutto in aula. L’imprenditore, H.N., 49 anni, residente a Misano Adriatico (difeso dall’avvocato Piero Venturi) è accusato di corruzione in concorso con uno dei necrofori, difeso dall’avvocato Catia Gerboni. L’altro necroforo, difeso dall’avvocato Stefano Caroli, deve rispondere di abuso d’ufficio.
Il giudice ha accolto la richiesta di chiamare in causa come responsabile civile anche l’Ausl di Rimini, formulata dalla titolare di una agenzia funebre concorrente, che si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Gian Paolo Colosimo. Nel caso di condanna, l’azienda sanitaria sarà quindi chiamata a pagare un risarcimento. Secondo l’accusa il dipendente ospedaliero sospettato di corruzione avrebbe intascato del denaro, beni in natura (dai cappelletti fatti in casa alle melanzane dell’orto) e avrebbe approfittato delle conoscenze dell’imprenditore per ottenere piccoli favori (come, ad esempio, il cambio di un telefono cellulare da parte di un negoziante). L’altro si sarebbe limitato, in qualche caso, a indicare ai familiari il nome dell’agenzia. Agli addetti alle camere mortuarie è, invece, vietato dare indicazioni del genere.
Gli accusati negano tutto e sostengono si tratti di un equivoco nato dall’amicizia che c’era anche fuori del lavoro con l’imprenditore. Le contestazioni risalgono a un periodo compreso fra il 2015 e il 2017.
I carabinieri di Riccione, durante le indagini, raccolsero alcune testimonianze di familiari di persone decedute. Dalle intercettazioni telefoniche emersero le gratificazioni in natura che il titolare delle onoranze funebri riservava a uno solo dei dipendenti della camera mortuaria: dai cappelletti e gli strozzapreti della mamma alle melanzane dell’orto. All’inizio gli investigatori pensavano si trattasse di un gergo, invece si trattava davvero di pasta fatta in casa e ortaggi. A volte, però, i due si davano appuntamento fuori per un caffè e, in un caso, una telecamera nascosta li riprese mentre davano l’idea di scambiarsi qualcosa. «Verosimilmente denaro» secondo i carabinieri, «Assolutamente no», stando alla versione difensiva.